In Puglia, fortunatamente, la buona sanità esiste ancora. E’ quella fatta da uomini e donne che hanno a che fare ogni giorno con la vita e la morte delle persone, appassionati del loro lavoro, riescono a dare risposte, nonostante un sistema sanitario, quello pugliese, fatto di apparecchiature vecchie, che funzionano a singhiozzo, di lunghe attese, di almeno 1500 infermieri in meno (fonte IPASVI) nelle corsie degli ospedali.
Un sistema dove la politica è troppo invadente e le amministrazioni delle Asl cambiano, senza avere il tempo di conoscere chi fa cosa. C’è però chi tempo non ne ha, non può aspettare, dovendo dare delle risposte immediate a chi sta male. E’ una sanità a due velocità: quella di chi amministra e quella di chi lavora dentro le strutture, come il citogenetista Piero Maggio.
La stessa passione del dottore Maggio che prova per il suo lavoro, alimenta anche il dottore Raffaele Prudenzano, uno dei due radiologi interventisti di tutta l’Asl salentina, con un bacino di utenza che conta 97 comuni e 800 mila abitanti.
L’intervento di embolizzazione, nonostante sia vitale, resta ancora nel più grande ospedale del Salento, un’iniziativa del singolo medico. Manca ad oggi un piano di emergenza e tarda ad arrivare la strumentazione necessaria, come l’angiografo, che l’Asl ha acquistato oltre un anno e mezzo fa e indispensabile non solo per la radiologia interventistica, ma anche per l’emodinamica.
Una delle piccole eccellenze del Salento, che viaggia con un angiografo datato 1998, forse il più vecchio di Italia. “Nonostante ciò, si va avanti – dice Giuseppe Colonna responsabile del reparto – il nostro punto di forza è il gruppo, ho imparato dal mio vecchio primario Antonio Montinaro, colui che ha portato a Lecce l’emodinamica, a dare mandato e non accentrare su chi dirige, così oggi che sono io a fare le funzioni di primario, ho delegato ai miei colleghi e ognuno ha un proprio campo di specializzazione. Non solo, riusciamo a fare gruppo anche con i medici delle altre branche attinenti, dando vita di fatto ad una vera e propria heart team: una squadra composta da noi emodinamisti, dai cardiochirurghi e cardioanestesisti, che vogliono lavorare insieme per eseguire quegli interventi più complessi, come già avvenuto qualche mese fa, su un paziente anziano, al quale abbiamo sostituito le valvole aortiche per via chirurgica.”
Di solito l’intervento viene eseguito in maniera percutanea, ovvero tramite un catetere sotto cute, si punge nell’arteria femorale, per risalire sino al punto del cuore in cui intervenire. Il paziente anziano, non consentiva questa manovra, per cui è stato necessario un accesso chirurgico sull’ arteria del femore, reso possibile dalla collaborazione tra emodinamisti, cardiochirurghi e cardioanestesisti. C’è stata la volontà di tutti di costituire un vero e proprio servizio, che di norma viene eseguito nella cosiddetta sala ibrida, attrezzata per questi tipi di interventi con personale dedicato e attrezzature. La realtà leccese è un po’ diversa, perché non esiste un servizio così organizzato e quindi manca una sala adeguata e un team dedicato, c’è però la volontà di fare il possibile, così ognuno ha dato il proprio contributo trasferendo dai reparti di appartenenza attrezzi e personale, nella sala angiografica dell’emodinamica, che all’occorrenza è stata resa sala ibrida, anche se un po’ artigianalmente.
“Si lavora sapendo che potremmo eseguire più angiografie extra – dice ancora il dottore Colonna – come quelle agli arti inferiori, alle carotidi o per l’anomalia del forame ovale pervio, se solo ci fosse un secondo angiografo, una seconda sala angiografica e una terza ibrida, oltre a una procedura più snella per ottenere le valvole protesiche che ogni anno vengono richieste, attraverso una trafila lunga e farraginosa, passando prima dalla farmacia ospedaliera, per fare poi domanda all’ufficio del patrimonio dell’Asl, arrivare quindi alla direzione. Una strettoia obbligata perché ogni valvola costa 20mila euro l’una e l’Asl ci va piano prima di sborsare tanti soldi. Se è vero che la buona sanità costa, è anche vero che fa risparmiare, come il dottor Francesco Ciccirillo per esempio, che esegue i doppler alle carotidi in modo talmente preciso – spiega Colonna – che non c’è bisogno di angiotac, evitando all’Asl ulteriori costi e radiazioni al paziente.” Così un angiografo nuovo, che non si rompe di continuo, eviterebbe di trasferire i pazienti in emergenza, nella clinica privata, con rischi e spese enormi per la sanità salentina, come accaduto quest’estate.
Anche il progetto della neurologa di Casarano Antonella Vasquez, portava salute e risparmio. Un’idea presentata dalla dottoressa all’Asl nel 2010, che prevedeva un’equipe multispecialistica, che ruotasse attorno al paziente affetto da demenza da alzheimer.
L’idea della neurologa nasceva dopo trent’anni di esperienza nel reparto di neurologia dell’ospedale “Ferrari” di Casarano. Inizialmente come volontaria, poi come medico di ruolo, passando prima da una serie di incarichi tra pronto soccorso e guardie mediche.
Una gavetta che, come lei stessa dice, le ha insegnato ad avere un approccio globale con il paziente, imparando prima di tutto ad ascoltarlo. “Una diagnosi scrupolosa non può prescindere dalla storia della persona e dalla sua personalità – dice la neurologa – ma i tempi di questa organizzazione sanitaria sono veloci e impongono a noi medici di essere rapidi e produttivi.”
“Non doveva essere così – racconta – quando presi parte nel 2000 al progetto ‘Cronos’.” Iniziativa promossa dal Ministero della salute, che stabiliva l’istituzione di 500 U.V.A (unità di valutazione Alzheimer) distribuite in tutta Italia.
La U.V.A prevedeva che ruotassero attorno alla persona ammalata, professionisti come: neurologo, geriatra, psichiatra, neuropsicologo ed infermiere per la presa in carico del paziente, valutato con approccio multidimensionale. Di fatto, però, nel nosocomio di Casarano riconosciuto come U.V.A, tutto ciò non è avvenuto. La dottoressa Vasquez, responsabile del centro, per 9 anni ha lavorato quasi sempre da sola, affiancata solo da un infermiere con funzioni di segretariato sociale e quello che doveva essere un centro alzheimer, era in realtà un ambulatorio dove saltuariamente per i primi due-tre anni si alternavano i vari specialisti occupati nei rispettivi reparti. La responsabile però continuò ad andare avanti da sola, nonostante i regolari turni in reparto, per seguire affannosamente 1200 pazienti, contando sulla collaborazione di qualche collega a cui poteva chiedere il “favore” di un test, un esame o una consulenza.
Anche la neuro riabilitazione è stata qualche anno fa, un “favore” da parte di due terapiste volontarie, rintracciate dal tribunale per i diritti del malato. Per tre euro alla settimana, le due volontarie riuscivano a garantire qualche ora di ginnastica mentale a chi ne aveva vitalmente bisogno, grazie anche alla disponibilità del parroco della chiesa Sacro Cuore di Casarano, che aveva dato gli spazi necessari. Dopo un anno anche questa attività ha dovuto concludersi, perché qualcuno ci aveva visto scopo di lucro!
A dicembre 2009, stanca di fronteggiare una giusta richiesta dell’utenza sempre più pressante, la dottoressa Vasquez si dimise. Dalle sue dimissioni scaturì una levata di scudi da parte dei familiari disperati che sfociò nel 2010, con l’istituzione di un centro per le demenze con annesso un day hospital. Proposta, che la dottoressa maturò con l’esperienza acquisita sul campo tutti i giorni e dopo un master in Olanda.
“Una bellissima esperienza – ricorda la neurologa – quella ad Amsterdam. 50 professionisti all’interno di una clinica, sottoponevano l’utente con disturbi cognitivi a visite ed esami specifici. Un giorno a settimana veniva programmato un incontro delle varie figure con formulazione della diagnosi, terapia medica e progetto individualizzato con la presa in carico territoriale del paziente e non ospedaliera. Purtroppo anche questo secondo progetto, non ha funzionato. La neurologa é comunque andata avanti con solo due psicologhe sostenute: una dall’ associazione ’Salento Alzheimer’ e l’altra dal tribunale del malato, che hanno permesso per una – due volte al mese, alla professionista, valutazioni neuropsicologiche più appropriate, per i 700 pazienti che la Vasquez seguiva, diventando il solo punto di riferimento per i familiari.
Come Giovanna, che un anno fa è partita a Novara, per sottoporre il marito ad un esame pet. “Fu proprio il primario di radiologia di Novara – racconta la donna – a indicarci la dottoressa Vasquez, come punto di riferimento valido più vicino a noi, che eravamo partiti da Lecce per capire a cosa erano dovuti i forti mal di testa di mio marito Antonio.”
All’epoca 56enne, con una lunga esperienza al comando della marina e numerose missioni militari, era stato trasferito a settembre scorso a Roma, per una promozione. Pochi mesi dopo, i primi sintomi che hanno portato la famiglia a conoscere Antonella Vasquez che, dopo una visita di mezz’ora, individuò la diagnosi: demenza frontotemporale.
“La sensibilità – racconta Giovanna – con la quale la dottoressa ci comunicò la diagnosi, fu una carezza all’anima, capendo la tragedia che si era abbattuta in casa, scoprendo all’improvviso che, quello che tutti conoscevamo come uomo carismatico, da sempre con un ruolo di comando, era diventata una persona fragile, non più in grado di esprimersi, di collegare il pensiero alle azioni, sebbene conscio di ciò.
Oggi mi affido a lei – dice Giovanna – la dottoressa non è solo un bravo medico, ma è come una di famiglia, è con te che aspetta il risultato di un esame, é qualcuno a cui chiedere anche consigli pratici, di vita quotidiana. Noi non sappiamo dove andare, per sapere come si gestisce nel quotidiano, una persona con demenza, perché Antonio non riesce a collegare le azioni di lavarsi, radersi per esempio, con l’idea di farlo.”
Da poco la figlia di Antonio, è andata all’altare, un matrimonio che la dottoressa Vasquez aveva suggerito di anticipare, doveva sposarsi a febbraio 2017 e invece è convolata a nozze ad Ottobre 2016. Oggi la ragazza e sua madre non finiscono di ringraziare la dottoressa perché a questo matrimonio, la sposa è stata accompagnata dal padre, ancora in grado di capire e condividere la gioia della sua figlia maggiore. Febbraio poteva essere già tardi!
Dopo 30 anni di vita in trincea accanto ai malati neurologici, Antonella Vasquez lascia l’ospedale di Casarano, in silenzio, senza tanto clamore. L’Asl l’ha voluta trasferire sul territorio dal 1° novembre scorso, a Maglie nel cuore del Salento, dove dovrebbe sorgere un centro per demenze.
“Ho 60 anni – ha detto la dottoressa – e non mi è mai interessato ambire al primariato o a darmi all’attività privata, io mi auguro solo che possa concludere la mia carriera, accanto ai malati, dando loro ciò che serve: una rete di servizi e non solo la mia visita specialistica, ma la riabilitazione, gli esami, i test specifici, il supporto psicologico alle famiglie, l’assistenza domiciliare , ma non come fossero dei favori, ma dei diritti.”
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