Pensionati che rientrano nel mercato del lavoro, si arriva anche a questo per mantenere in piedi i servizi sanitari, vista la grave carenza di medici. E’ quello che succede nell’asl leccese dove, per non interrompere un servizio pubblico, la direzione dell’azienda sanitaria, si vede costretta a richiamare dal sistema medico chi è andato via.
Nell’Asl di Lecce e pare non solo questa, non ci sono cardiologi sufficienti, tanto che l’azienda sanitaria salentina, se copre posti con i pochi medici disponibili, rischia di tenerne scoperti altri. Una coperta troppo corta, che ha spinto l’ufficio convenzioni, a spedire circa 450 telegrammi per chiedere cardiologi da poter arruolare nelle varie strutture ospedaliere, ma soprattutto distrettuali. Il risultato? Su 450 telegrammi, nessuna risposta.
Questo il quadro in un contesto come quello salentino, ma che é uguale un po’ ovunque, in cui le malattie cardiache sono sempre più diffuse, ma per le quali non si muore più come prima, di contro però c’è più bisogno di cardiologi, anche perché le malattie del cuore diventano sempre più spesso croniche e come tali, andrebbero seguite negli ambulatori dei vari distretti. Qui però, si avverte di più una sofferenza proprio per l’assenza di specialisti: a Gagliano del Capo per esempio, da un paio di mesi, é andato via uno dei tre medici. Lo specialista ha scelto di spostarsi su Otranto, dove é riuscito ad andare, lasciando però decine di appuntamenti inevasi, con grande difficoltà per il direttore del distretto, per trovare chi potesse rispondere ai cittadini prenotati.
Il posto vacante é stato quindi coperto con un altro cardiologo in pensione dall’Asl e che ora si ritrova a lavorare per la stessa azienda sanitaria, dalla quale era andato via. Una situazione temporanea dicono dal distretto, che attualmente dura da un paio di mesi. Il direttore del distretto Giuseppe Guida, aveva fatto richiesta all’azienda di uno specialista, che però l’ufficio convenzioni non è riuscito a reperire.
A Poggiardo non è molto diversa la situazione, perché delle ore settimanali da garantire all’utenza nell’ambulatorio distrettuale di cardiologia, 24 sono assegnate proprio ad un cardiologo in pensione dalla Asl salentina, dove si trova a lavorare insieme a colleghi dipendenti sempre della medesima Asl.
Nel distretto di Maglie invece, i cardiologi ci sono. 38 ore assegnate ad un medico in convenzione non pensionato, 12 invece sono di pertinenza di un medico dipendente, 8 ad un altro cardiologo convenzionato ma in attività, infine altre 8 ore ad una “new entry”, un cardiologo ospedaliero che dal “Vito Fazzi” avrebbe chiesto di andare a Maglie, richiesta legittima anche se non si capisce quali pazienti visiterà, visto che non c’è ancora alcuna agenda aperta al Cup dove prenotarsi, mentre come ci dicono a Gagliano del Capo, basterebbe un cardiologo in più per tenere aperto l’ambulatorio giovedi e che invece ben presto dovrà chiudere nonostante le richieste dei cittadini, non appena il medico pensioanto smaltirà tutte le visite già programmate che erano rimaste in sospeso dal collega spostatosi a Otranto.
Quelle con i medici pensionati, sono convenzioni temporanee – ci dicono dall’Asl – ma sta di fatto che la legge non ammette ignoranza e vieta a chiunque vada in pensione, di rientrare nel emrcato del lavoro, con tanto di stipendio che va sommandosi alla pensione, a meno che, i medici in pensione non firmano la convenzione con l’Asl, a titolo gratuito, ma non è sembra questo il caso.
Sarebbe stato sicuramente legittimo e a norma di legge, lasciare i servizi in funzione del personale disponibile, probabilmente riducendo gli stessi servizi, in attesa che la programmazione sanitaria stilata dall’Asl e quindi approvata dalla politica regionale, non sia puramente astratta, ma tenga conto anche delle risorse umane. La percezione che si ha invece, toccando la realtà con mano, é che tale programmazione non ci sia o sia stata fatta in modo teorico e non pratico.
La politica forse si dovrebbe interrogare se l’attuale sistema sanitario, sia ancora sostenibile o va adeguato alle risorse umane disponibili. Il personale non c’è e forse l’offerta va rimodulata, il rischio é che i manager che amminsitrano devono lavorare di fantasia o come nel caso di Lecce, chiamare i pensionati. Però c’è una norma di legge ben precisa che lo vieta, introdotta dal governo Renzi per cui il pensionato non può lavorare nel pubblico.
Una scelta seppure forzata per non interrompere un pubblico servizio, illegittima perché non rispetta la legge eppure la direzione dell’Asl di Lecce ha adottato questo provvedimento.