Due incubatrici e un isola neonatale all’UTIN di Lecce

Due incubatrici e un isola neonatale all’UTIN di Lecce

Due incubatrici e un’isola neonatale, per un ammontare di 45 mila euro. Sono arrivate oggi e mercoledì ci sarà il collaudo, le apparecchiature nuove di zecca, nella terapia intensiva neonatale del “Vito Fazzi” di Lecce. Si tratta di strumenti necessari per i piccoli nascituri, soprattutto se prematuri, con problemi di respirazione, che richiedono la rianimazione in spazi adeguati proprio come l’isola neonatale, che nonostante ciò era mancante. La fornitura è stata possibile grazie al contributo della famiglia Trio della quale fanno parte i piccoli gemelli, ospiti un anno e mezzo fa, proprio della UTIN e del sostegno economico dell’associazione “Un sorriso per Francesco” e “L’abbraccio” che, con il supporto di alcune aziende dietetiche, hanno colmato una carenza che l’Asl non riusciva a coprire.

C’è da dire però, che proprio di recente l’Azienda sanitaria ha acquistato due macchine importantissime per la cura dei piccoli:l’ipotermia per chi nasce asfittico, con il rischio quasi certo di una paresi cerebrale e l’ossido nitrico per l’ipertensione polmonare. Con questa ulteriore dotazione, la neonatologia garantirà sempre più un’assistenza con minor rischi per i neonati e maggiori possibilità di successo nel recupero dei danni cerebrali o respiratori. Nel 2010 sono stati 95 i bambini nati prematuramente, al di sotto di un chilo e mezzo, di questi quattro, purtroppo non ce l’hanno fatta, gli altri sono stati salvati e questo grazie al lavoro di tutta la squadra di medici, ma sopratutto di infermieri, gli “zii dei bambini” li ha definiti il primario Maria Antonietta Pulito che dal 1 agosto andrà in pensione, felice di lasciare un reparto con ottimi risultati, confermati dagli stessi genitori e dai piccoli pazienti. “Se mi guardo indietro il bilancio della mia attività, insieme a quella di tutto il personale, è senz’altro positivo – ha detto la responsabile – avrei voluto più armonia, meno invidia da parte di qualcuno che ha tentato di declassarmi, mettendo in dubbio la mia professionalità e i miei titoli, per i quali l’Asl mi ha riconosciuta capace di dirigere, nonostante sia una donna, un reparto delicato come questo. Non si è abituati forse a vedere un primario donna, ma io posso dire di aver ricoperto il ruolo con serietà, professionalità e entusiasmo, nonostante le mille difficoltà. Prima fra tutte la carenza di organico e gli spazi angusti.”

Roberta Grima
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