Apnea notturna: urge la formazione, malati non trattati

Apnea notturna: urge la formazione, malati non trattati

La Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno (Obstructive Sleep Apnea Syndrome – OSAS), è una patologia cronica molto diffusa, spesso è considerata un banale difetto respiratorio, che spinge ad andar dal medico per il continuo russare e la difficoltà a riposare bene durante la notte. In realtà l’apnea notturna è una malattia cronica che può essere anche fatale.

Cos’é l’OSAS
Si tratta di una sindrome tale, per cui la persona ha ripetute interruzioni dell’attività respiratoria durante il sonno, interruzioni che, sebbene brevi, sono continue, possono essere anche centinaia in una sola notte, svegliando ripetutamente il paziente che non ha un riposo adeguato. Queste interruzioni della respirazione, sono dovute al restringimento delle vie aree superiori, in particolare dell’ipofaringe, per cui si riduce il passaggio dell’ossigeno, aumentando la presenza di anidride carbonica, la persona ha quindi un’insufficienza respiratoria.


“L’aspetto da non trascurare – spiega il dottor Maurizio Toraldo dirigente medico della pneumologia 3 di San Cesario – è che molto spesso chi ha le apnee notturne, non si accorge subito o tende a banalizzare, senza considerare che la riduzione di ossigeno provoca ictus, infarto”, proprio perché gli organi che durante la notte vengono ossigenati (cervello e cuore), non ricevendo la quantità sufficiente di ossigeno, vanno in sofferenza.

I rischi
Nel tempo possono così subentrare gravi disturbi cardiaci, cardiocircolatori, polmonari e neurologici. Aumentano i rischi di aritmie, infarto cardiaco e cerebrale. “Molti morti improvvise negli anni ottanta – ricorda il dottor Toraldo – soprattutto nei giovani, sono state identificate poi, come infarti dovuti alla mancanza di ossigeno al cuore, proprio per apnea notturna non riconosciuta.”

Le cause di queste interruzioni della respirazione durante la notte, possono essere: anatomica, presentando una conformazione delle vie respiratorie superiori più strette, oppure un peso eccessivo che provoca lo schiacciamento proprio sul tratto respiratorio, restringendolo. L’apnea notturna infatti è quasi sempre correlata all’obesità.
Come accorgersi allora di una possibile apnea notturna o un banale sonno disturbato?

Sintomi
“L’apnea notturna – spiega il dottor Toraldo – comporta il russare in maniera abitudinaria, non solo in determinate condizioni: quando si è raffreddati, quando si è stanchi, ecc….ma sempre. Poi ci sono sintomi come la sonnolenza durante il giorno, per cui la persona con apnea notturna, può persino addormentarsi all’improvviso durante il giorno o accusa un’importante sonnolenza, vi sono inoltre gli effetti di un cuore o di un cervello poco ossigenato quindi: ipertensione arteriosa, difficoltà a concentrarsi, alterazione della memoria e dell’umore, infine la necessità di urinare frequentemente durante il sonno. Quest’ultimo sintomo non va confuso con l’ingrossamento della prostata molto comune dopo i 50 – 60 anni.”

Diagnosi
Lo specialista ha però degli strumenti per fare la diagnosi di apnea notturna: il segno di Mallampati è uno di questi

Un test che mostra la più o meno grave condizione dello spazio disponibile nelle vie in bocca, per cui più le tonsille e l’ugula sono nascoste dalla lingua, maggiori sono le difficoltà a respirare. Un altro segnale che può dare informazioni utili, è la circonferenza del collo, che nelle donne non deve superare i 41 centimetri e nell’uomo i 43, così anche la circonferenza dell’addome non deve superare i 102 centimetri in entrambi i sessi, infine una mandibola corta, come il doppio mento, potrebbero far pensare ad una apnea notturna.

Manca la formazione per l’assistenza
La conferma della diagnosi arriva però con l’esame della polisonnografia, un apparecchietto che posizionato sul paziente la sera prima di dormire, registra tutte le fasi del sonno, si ha così un tracciato con dei valori che indicano l’indice di gravità della patologia. Tra 5 e 15 si parla di apnea lieve, moderata da 15 a 30, superiore a 30, di apnea notturna severa, quella grave.
“Nelle forme lievi – riferisce il dottor Toraldo – si interviene correggendo il peso per esempio, nei casi moderati c’è bisogno del dentista che intervenga con un’applicazione inserita nella bocca del paziente, aiutandolo a spingere la mandibola in avanti. Il problema – dice lo specialista – è che non sappiamo a chi mandare i nostri pazienti, non riusciamo infatti a individuare i dentisti che inseriscano questo bite, misurando lo spostamento e monitorandolo. Per questo motivo, molte persone non vengono trattate come dovrebbero e noi specialisti siamo costretti a risolvere il problema solo parzialmente, facendoli calare di peso, ma senza poter intervenire sulle vie respiratorie.”

Dispositivi solo a pagamento
Eppure le linee guida nazionali per la terapia delle apnee notturne in forme lievi e moderate, prevedono proprio l’applicazione del bite, il dispositivo odontoiatrico che non è rimborsabile dal sistema sanitario nazionale, ma a carico del paziente. Un ulteriore ostacolo che si aggiunge alla carenza di professionisti deputati a questo trattamento.
“Stessa cosa dicasi per l’apnea notturna posizionale, dal tracciato della polisonnografia infatti, riusciamo a capire anche se il disturbo è determinato dalla posizione assunta. In queste situazioni – continua il medico – si può intervenire con un collarino che obbliga la persona a modificare la posizione, assumendo quella corretta, ma anche in tal caso il dispositivo è a pagamento, quando si trova, perché in Puglia si fa fatica a reperirlo sul mercato.”

I numeri dell’OSAS
Eppure i numeri parlano chiaro: è stato calcolato per ogni medico di base con 1500 pazienti, che 50 di loro, soffrono di apnea notturna. Negli anni ’90 il disturbo era sconosciuto come patologia, in uno studio scientifico pubblicato nel 2015, l’apnea notturna viene attestata al 2 -4% della popolazione, oggi si parla di un’incidenza ben più elevata pari al 47% negli uomini e al 28% nelle donne, con una pericolosità maggiore nella fascia giovanile.
Le dimensioni del fenomeno sono importanti e il sistema sanitario non è ancora ben attrezzato in termini di uomini e strumenti, almeno qui in Salento e in Puglia. Per questo la società scientifica di pneumologia organizza periodicamente corsi formativi.

A Lecce si è da poco conclusa la terza edizione del corso di perfezionamento per i medici specializzandi, sulle apnee notturne in età adulta. Si perché la patologia si manifesta anche nei bambini. “Ricordiamo – ha sottolineato il dottor Toraldo – che la Puglia ha il più alto indice di obesità infantile e il sovrappeso è molto spesso correlato ai disturbi respiratori.”
Anche alla luce di questo dato, il sistema sanitario pugliese, dovrebbe organizzarsi al meglio, partendo dal personale formato. Non solo pneumologi, dentisti, pediatri, ma prima di tutto medici di base e pediatri di libera scelta, che rappresentano il primo interfaccia con il paziente. Se il medico curante o il pediatra riconosce l’apnea notturna, allora si può indirizzare la persona o il bambino che ne soffre alla persona giusta.

Così altrettanto importante la formazione tra i dentisti che ad oggi sono pochi, almeno in Salento, ad avere l’esperienza adeguata per dare l’assistenza giusta per il trattamento delle apnee lievi o moderate.
Infine c’è l’autorità sanitaria chiamata a fare la sua parte. Nell’Asl salentina ci sono pochi specialisti che si occupano del problema, così come mancano infermieri e anche attrezzature. A San Cesario per esempio i tempi di attesa per una polisonnografia sono lunghi perché c’è un solo medico, senza alcuna infermiera e un solo polisonnografo, che una volta posizionato dal medico su un paziente, non può applicarlo su un’ altra persona, che deve attendere quindi la mattina successiva, quando viene consegnato lo strumento.

La rete regionale OSAS
C’è da dire che la Regione Puglia si è mossa, è infatti tra le prime, se non la prima regione di Italia, ad aver varato la rete di assistenza per la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno, tenuto conto che in Puglia attualmente i pazienti diagnosticati per anno, si attestano intorno ai 3.000/3.500. Di contro però il numero di pazienti che effettuano un trattamento terapeutico è certamente inferiore, proprio perché ci sono carenze nei servizi e nei percorsi terapeutici da colmare. Proprio sulla rete regionale nel dettaglio SanitàSalento farà a breve un articolo dettagliato

Roberta Grima
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