Tutto sottocontrollo nel centro dialisi di Otranto, dove si continua a garantire il servizio ai pazienti. Nessuna interruzione da quel 25 marzo scorso, quando, come già pubblicato su SanitàSalento, un uomo dializzato che frequentava la struttura, é stato trovato positivo al Covid-19.
Paura di una seconda “Fontanelle”
“Il timore però che si possa verificare un nuovo focolaio c’è – dice un addetto al trasporto dializzati. – Quotidianamente siamo a contatto con persone che dai vari distretti dell’Asl, si recano nel centro convenzionato di Otranto per fare la dialisi e ci raccontano che altre due persone, sarebbero risultate positive al corona virus. Abbiamo paura perchè l’impressione è che la situazione stia sfuggendo di mano e nessuno ci dice niente.”
Nessun tampone se non a chi ha avuto contatti col paziente 0 solo nelle ultime 24, 48 ore.
I due presunti casi positivi emersi qualche giorno fa, sarebbero un medico e un infermiere del centro dialisi idruntino. Questi, non avendo avuto contatto con il paziente 0 nelle ultime 24, 48 ore, dalla scoperta della sua positività, non erano stati sottoposti ai tamponi da parte dell’Asl. L’azienda sanitaria avrebbe gestito il rischio contagio, concentrando l’attenzione su tutti i contatti avuti tra il paziente 0 del 25 marzo, gli altri dializzati in turno con lui e gli operatori sanitari che hanno ruotato intorno quel giorno. Tutti sono stati messi in quarantena, sottoposti al tampone e trasferiti nel distretto di Gagliano dove garantire la dialisi in luogo distinto dal resto dell’utenza, che invece ha continuato a recarsi a Otranto. Quando poi i risultati dei tamponi sono apparsi negativi, si sperava di aver risolto e quindi di poter far tornare nuovamente a Otranto pazienti e personale che era stato messo in quarantena.
Ha lavorato chi non sapeva di essere positivo, perché l’Asl non ha fatto il tampone a tutti
Invece siamo punto e a capo, perchè nel frattempo sono arrivati i risultati dei tamponi fatti la settimana scorsa, ai dipendenti rimasti a lavorare nel centro idruntino, quei dipendenti che non avevano avuto contatto col paziente zero il 25 marzo scorso, ma per i quali il titolare del centro, avrebbe preteso dall’Asl che venissero fatti i tamponi comunque. Tutto il personale avrebbe infatti avuto contatto col paziente 0, anche nei giorni precedenti al 25 marzo per cui era saggio per l’amminsitrazione del centro, controllare tutti i dipendenti. Cosa che all’inizio l’Asl non ha ritenuto necessaria, poi la stessa azienda ha deciso di fare i test a tappeto e scoprire così due casi dubbi – come dicono dal centro di Otranto – che andranno confermati nelle prossime ore.
Nel frattempo per precauzione, chiunque abbia avuto contatto con il medico e l’infermiere, è stato messo in quarantena: sei persone del centro e i pazienti, ma intanto la dialisi viene comunque garantita, seguendo le disposizioni dell’Asl che non ritiene di dover interrompere un servizio fondamentale come quello della dialisi.
Il virus cammina sulle gambe degli asintomatici positivi
Tuttavia forse se si fosse sottoposto al tampone tutto il personale del centro sin da subito, si sarebbe evitato probabilmente che infermieri e medici continuassero a lavorare ad Otranto ed essere a contatto con pazienti, senza sapere di essere positivo o no al Covid.
Si è consentito che gente asintomatica circolasse e lavorasse tranquillamente.
Una scena già vista anche negli ospedali dove inizialmente piuttosto che chiudere un reparto per avere poi la sicurezza di un ambiente bonificato, con personale negativo al virus, si é preferito garantire un servizio facendo circolare dipendenti che potrebbero essere veicolo del virus. Così il rischio è che invece di chiudere un reparto, si chiuda l’intero ospedale per la larga diffusione del virus.
Il problema di tutta questa storia, è proprio legato agli asintomatici positvi che sono tantissimi, ecco perchè l’Asl si concentra solo sui contatti del paziente positivo, perchè altrimenti dovrebbe fare tamponi a tutti. Il dramma è non poter fare i tamponi a tappeto, nè tantomeno si possono mettere tutti i dipendenti in quarantena perchè significherebbe sospendere un servizio salvavita.
Una lettera metteva in guardai per prevenire il peggio
Da quando però è scoppiata l’epidemia, divenuta poi pandemia, é trascorso un mese e mezzo, l’Asl avrebbe dovuto pensare ad un programma alternativo in casi simili a quello accaduto. Sappiamo che in via Miglietta sarebbe arrivata una lettera da parte del centro dialisi, in cui si chiedeva lumi all’azienda sanitaria già un mese fa su come regolarsi, visto lo scenario pandemico che si stava profilando. La missiva non avrebbe avuto alcuna risposta.
C’è stato senz’altro uno sforzo dell’Asl che ha dato il supporto necessario, una volta accertato il paziente positivo, mettendo a disposzione personale per sostituire quello del centro in quarantena. Un “prestito” alla struttura idruntina, fatto con grossi sacrifici anche per chi é in reparto di nefrologia di Lecce, costretto a turni pesanti, per colmare le carenze dovute all’assenza dei colleghi temporaneamente su Otranto.
La dialisi a domicilio per ridurre i rischi
E’ chiaro però che se il contagio dovesse estendersi – come fanno sapere dall’Asl – sarebbe una situazione drammatica perchè non ci sarebbe il personale sufficiente che deve essere anche specializzato e non ci sarebbe la tempistica per formare infermieri per la dialisi. Nè tantomeno si poteva immaginare di sostituire un 15, 20% di personale d’amblè. Per fortuna a Lecce abbiamo il servizio dialisi a domiclio con 2 infermieri che vanno a dializzare a casa, chi in questo momento é isolato nella propria abitazione.
Resta il fatto che come spesso succede, non ci sarebbe un piano emergenziale, che per tempo stabilisca il da farsi in casi come la dialisi che non può essere interrotta. Come spesso accade si insegue l’emergenza, che ha portato a organizzare in un giorno e mezzo un servizio a Gagliano del Capo, con una tempestività dei tamponi che non ha aiutato. I risultati arrivano dopo diversi giorni, nei laboratori non c’è gente in numero sufficiente che possa rispondere alla mole di lavoro. Non c’é un piano pandemia, perchè probabilmente nessuno l’aspettava, si rincorre l’emergenza, senza prevenirla.
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