In quale direzione andare? E’ la domanda che pone il dottor Raffaele Gaudio, responsabile nazionale FISMU-PS (federazione italiana sindacale medici uniti-pronto soccorso), componente della segreteria FVM-FISMU Asl Lecce. Se c’é qualcosa che questa emergenza Covid ha insegnato in ambito sanitario, certamente é quella di cogliere l’occasione per organizzare nuovamente, in chiave moderna e alla luce delle nuove esigenze, la sanità salentina e pugliese.
Rimodulare il Dea alla funzione originaria
Il medico parte dal Dea di Lecce, attuale ospedale Covid. Passata l’emergenza, l’ospedale va adesso rimodultato per quello per cui era stato pensat: dipartimento di emergenza e accettazione. Va detto però che alla regione il plesso risulta ospedale Covid e quindi andrebbe presentata a Bari una nuova riorganizzazione della rete Covid. C’é da dire che in questa fase 2, devono ripartire anche tutte le attività di routine che hanno avuto un rallentamento in piena emergenza. I chirurghi specialmente, fremono perchè si attivi il Dea e si possa pensare di ricominciare proprio dal nuovo ospedale.
Un solo pronto soccorso ma meglio organizzato
La proposta di Gaudio è quella di concentrare un unico pronto soccorso nel Dea, servito di tutte quelle attività necessarie di assitenza intensiva e sub intensiva. “Non solo l’operato dei medici sarebbe più celere ed efficiente, ma si garantirebbe maggiore sicurezza ai pazienti.” E’ sempre indispensabile per Gaudio un ‘osservazione breve intensiva, sub intensiva, oltre ad una medicina di urgenza.
Ogni ospedale faccia la sua parte
“Perchè il Dea possa funzionare in modo efficiente secondo una precisa vocazione, é bene – aggiunge il medico- che gli altri ospedali facciano la loro parte, senza concentrare tutto A Lecce come avvenuto sin’ora. Perchè il plesso sopedlaiero leccese possa funzionare, è necessario che anche in provincia vengano garantiti quei servizi e quell’assistenza che non richiede attività ospedaliera intensiva e particolarmente complessa alla quale invece deve dedicarsi il personale del Dea.”
Per questo è necessario una programmazione con regole chiare, stabilendo chi, fa cosa e dove. Va pensata – continua il medico sindacalista – un’organizzazione sanitaria nuova, tenendo conto di un possibile ritorno del Covid, anche se si spera di no. Tuttavia é necessario arrivare preparati. Se l’asl intende rimodualre il Dea alla funzione originaria, deve stabilire quale sarà l’eventuale ospedale Covid. Non solo, occorre sapere come comportarsi quando arriverà l’influenza per evitare confusione tra questa e il corona virus, visto che questo è molto simile a quello influenzale. Il medico parla dell’importanza di individuare dei percorsi, dei protocolli sia per chi lavora in ospedale sia per chi è sul territorio, in primis il 118 che deve sapere in quale struttura traportare il paziente a seconda delle situazioni. Insomma serve una programmazione seria, un dialogo tra i vertici e i dipendenti dell’asl che oggi – evidenzia Gaudio – respirano un aria tesa e incerta.
Fare i concorsi per assumere i medici precari
L’auspicio è che si possano accorciare le distranze tra asl e medici per instaurare un dialogo che vuole essere costruttivo, con la possibilità di confrontarsi sulle difficoltà e le possibile soluzioni, si da poter poi indivudare un piano programamtico. Questo dialogo é mancato e manca tutt’ora, “non sappiamo per esempio – fa notare il dottor Gaudio – se l’asl abbia mai fatto uan ricognizione del personale medico per capire la reale necessità di organico da assumere, quanti medici sono precari che andrebbero stabilizzati, cosa – aggiunge il medico – che abbiamo già segnalato alla Regione Puglia. Chiediamo invece all’asl di avviare le procedure concorsuali che consentirebbero la stabilizzazione di decine di medici solo nel leccese.”
Accanto agli uomini, servono anche posti letto sufficienti alla domanda. “Oggi ricoverare é diventato ancor più difficile vista la riduzione delle degenze per via del distanziamento sociale, solo nella pneumologia del “Fazzi”, tanto per fare un esempio, si é passati da 40 a 20 posti letto, dimezzando l’offerta sanitaria, a fronte di quasi un milione di residenti nel Salento e che hanno registrato la chiusura delle pneumologie di Gallipoli e Galatina. Oltre al depauperimento dei posti letto, si è aggiunto il divieto delle extralocazioni, che rappresentava sino a pochi mesi fa un’escomotage, forse poco consona, di ricoverare quando non c’erano posti in un reparto. Con il Covid questo sistema non potrà più esserci e c’é bisogno di più rigore per gestire i ricoveri, stabilendo i ruoli degli ospedali. Non può confluire tutto a Lecce – sottolinea il medico – solo perchè ci sono gli infettivi e l’ospedale Covid, quindi più sicuri davanti ad un paziente con febbre.
Aree grigie negli ospedali
Oggi infatti chiunque si presenti con la febbre in un qualsiasi ospedale del Salento, viene mandato indietro e dirottato a Lecce. La maggior parte dei casi però di coloro che arrivano in un pronto soccorso, ha febbre per altre patologie che non sono il Covid, pertanto potrebbero essere accolti negli altri ospedali, dove tutt’al più si potrebbero pensare delle aree grigie – dice il presidente della FISMU-PS – in cui collocare i pazienti sospetti. In questo modo gli ospedali farebbero la loro preziosa parte, decongestionando Lecce che così lavorerebbe meglio con accessi più appropriati.
Sin’ora si è lavorato in emergenza, senza questa organizzazione, con un plesso ospedaliero, quello di lcce, che sta letteralmente scoppiando e sacche aziendali vuote o semivute, dove il eprosnale è addirittura in esubero. Il risutlato è che nè da un aprte, nè dall’altra si riesce a garantire l’attività di routine che ora è diventata la seconda emergenza alla quale rispondere. Ecco perchè adesso è urgente progrmamare il prossimo futuro per ripsodnere alla domanda di salute senza arrivare allo stremo.
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *