Scene da terzo mondo l’altro giorno nel pronto soccorso del “Vito Fazzi”. A descrivercele gli stessi lavoratori che riteniamo per questo fonti attendibili.
Una donna aspetta 16 ore in sala d’attesa perdendo sangue dal retto
“Dalle dieci di sera sino alle 14 del giorno dopo, una donna é rimasta sulla barella nel pronto soccorso del “Vito Fazzi” in attesa di essere visitata, per il distanziamento sociale ha aspettato in sala d’attesa perchè il corridoio era pieno di gente e di barelle, aveva un sanguinamento dal retto. Medici, infermieri, sono oramai allo stremo, non sanno dove collocare i pazienti che arrivano con le ambulanze, non hanno spazi e letti sufficienti, non riescono a ricoverare perché i reparti hanno dimezzato le degenze, per garantire il distanziamento sociale e il pronto soccorso é diventato un imbuto dove si accumula tutta la tensione degli operatori, la rabbia dei cittadini, la stanchezza di entrambi.
Il Covid cala, ma si lavora in estrema emergenza
“Non potevamo certo spogliarla e visitarla davanti a tutti – dichiara un operatore sanitario – la signora perdeva sangue dal retto, dovevamo farle un’esplorazione rettale e c’era bisogno di una stanza, di un letto dove adagiarla e esaminarla.” Sempre più allo stremo, al pronto soccorso del “Vito Fazzi” é stata una giornata infernale quella descritta, come ce ne sono state tante altre in questi ultimi mesi, ma adesso che l’emergenza sta calando, si continua a lavorare in condizioni estreme e l’emergenza sanitaria è diventata quella di garantire la routine.
Reparti dimezzati per il distanziamento sociale
Non ci sono posti letto per via delle distanze di sicurezza tra un letto e l’altro, che ogni reparto deve assicurare. Il numero delle degenze si è così dimezzato. E’ un problema non solo di Lecce, ma di tutta la Puglia, l’altro giorno, il pronto soccorso di Barletta ha chiamato lecce per un posto letto che non ha trovato. Così se prima i letti non bastavano a coprire la domanda, adesso sono diventati una rarità. Nemmeno le extralocazioni sono possbili. Risultato? Pazienti in barella nella sala d’attesa del pronto soccorso, in corridoio, spesso uno vicino all’altro senza il distanziamento sociale che non sempre si riesce a rispettare, in attesa di essere ricoverato.
“Oggi fortunatamente é arrivato un paziente sulla carrozzina – ha raccontato un operatore del pronto soccorso leccese – e quindi siamo riusciti a vistarlo spostandolo nell’ambulatorio. Quando però una persona arriva sulla barella del 118 o della croce rossa, non possiamo spostarla nella stanza delle visite, se non liberiamo immediatamente la barella dell’ambulanza che deve ripartire subito per un altro intervento, ma per fare questo, c’è bisogno che il pronto soccorso abbia delle sue barelle o dei letti liberi, cosa che non avviene in questo periodo. Così pazienti, operatori del 118, tutti restano in attesa, mentre le ambulanze sono ferme.
Barelle occupate per tenere i pazienti creano disagi alle ambulanze
“In effetti – dicono dal “Fazzi”- dalla centrale 118 si lamentano di noi operatori del pronto soccorso perchè dicono – non sbarelliano i pazienti, ma cosa possiamo fare ? Non possiamo mica rifiutarli, mandandoli indietro, accettando come ci è stato detto un limite massimo, si tratterebbe di omissione di soccorso. Quando abbiamo chiesto ai superiori se potevano intervenire per trovare una soluzione, ci siamo sentiti rispondere anche di andare in giro per l’ospedale a recuerpare barelle ! Come si fa quando davanti decine di persone in attesa?”
Il risultato è stato quello che accaduto alla donna giunta la sera alle dieci, visitata alle 14 del giorno successivo, dopo 16 ore di attesa sulla barella, con un sanguinamento dal retto. “Ciò dovuto anche al fatto che nella nostra astenteria abbiamo sei letti. La gente che arriva è tanta tra codici verdi, gialli e rossi, oggi sarrano arrivate almeno 50 persone.”
A pochi metri i letti sono vuoti e avanzano
Il paradosso é che al pronto soccorso del Dea invece, c’è la quiete, mentre a pochi metri c’era l’inferno, nell’ospedale Covid vi era un paziente nel pronto soccorso con due medici e tre infermieri, almeno stando a quanto ci dicono gli operatori del “Fazzi”. Così se da un parte non si riesce a ricoverare perchè mancano letti, dall’altro lato ci sono degenze vuote e posti in esubero.
“Non capiamo – dicono dal “Fazzi” – perchè la pneumologia per esempio, che si trova al primo piano del Dea, senza quindi pazienti Covid, perchè sennò starebbero nella zona specifica, continua invece a restare nel Dea quando oramai potrebbe ritornare da noi, nel “Fazzi” e permetterci di ricoverare se serve. Considerato sopratutto che è l’unica pneumologia rimasta, dopo la chiusura dei reparti pneumologici di Gallipoli e Galatina.” Solo venti posti letto per una popolazione di 800 mila abitanti !
Situazione infernale conferta anche dai consiglieri regionali Manca …
Sulla questione é intervenuto giorni fa il consigliere Luigi Manca che si é trovato al pronto soccorso per un problema accusato da suo padre e due giorni addietro il consigliere pentastellato Antonio Trevisi. Quest’ultimo riferisce di ricevere continue segnalazioni da pazienti che aspettano per ore una visita, parla di pronto soccorso congestionato per l’arrivo delle urgenze anche dagli altri ospedali salentini. Una situazione al limite, con il rischio di non riuscire a mantenere il distanziamento e a garantire tutte le misure per il contenimento del contagio da Covid-19. “Per questo – ha concluso Trevisi – è necessario un intervento immediato dell’asl per tutelare i pazienti e verificare il rispetto delle regole”.
…e Trevisi
“Una situazione che si sarebbe potuta alleggerire – spiega il consigliere – se almeno fosse stato disponibile l’impianto per l’ossigeno al Dea che, non essendo più reparto Covid in questo momento, avrebbe potuto contribuire a decongestionare il pronto soccorso del “Fazzi”. Ma l’emergenza, purtroppo è la condizione in cui gli ospedali salentini vivono costantemente. Lo denunciamo da tempo chiedendo, ancora prima dell’emergenza Corona virus, l’implementazione del personale medico e delle apparecchiature diagnostiche, nonché l’aumento dei posti letto per le lungodegenze. Nulla è stato fatto e la sanità continua ad essere in uno stato di emergenza”
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