Il 2018 segna i 40 anni dalla nascita del Servizio Sanitario Nazionale, avvenuta con l’approvazione della legge 833 nel 1978. Un lungo percorso partito idealmente dal Dott. Guido Tersilli “medico della mutua” (interpretato da Alberto Sordi) e arrivato ai manager sanitari di oggi. Proviamo a capire in che modo i partiti si apprestano a celebrare questo compleanno. Fuor di metafora, diamo sostanza all’adagio einaudiano “conoscere per deliberare” esaminando sinteticamente le proposte sulla sanità presenti nei programmi delle forze politiche.
Il centrodestra propone tre concetti-chiave: centralità del rapporto medico-paziente, incentivazione della competizione pubblico-privato a parità di standard ed estensione delle prestazioni sanitarie per i meno abbienti. Gli enunciati sono abbastanza laconici, ma evidenziano il tentativo di unire l’esigenza di tutela delle fasce della popolazione economicamente svantaggiate con quella che sembra la creazione del “quasi-mercato” di origine anglosassone. Un sistema nel quale il cittadino può ottenere l’assistenza sanitaria rivolgendosi indistintamente al pubblico ed al privato in un circuito in cui gli standard sono equivalenti e l’accesso non ha limitazioni.
Proviamo ora a sintetizzare i punti critici, sperando che siano chiariti nel corso della campagna elettorale. L’esperienza del quasi-mercato sanitario ha avuto un accenno di sperimentazione in Italia con la prima versione del D.Lgs. 502/1992, ma ha creato forti tensioni all’interno del mondo sanitario pubblico oltre ad una sofferenza in termini economici. Come si intendono superare questi nodi? Inoltre, in un quadro costituzionale nel quale l’organizzazione sanitaria è affidata alla legislazione concorrente Stato-Regioni, come si pensa di determinare questa inversione di rotta? Infine, la premessa di questa proposta programmatica, è l’equivalenza degli standard tra pubblico e privato, ma ciò è realistico prevederlo in un Paese spaccato in due, nel quale il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità ha recentemente affermato che “una persona che nasce in Campania, Sicilia o in Calabria ha un’aspettativa di vita fino a 4 anni inferiore, come se vivessimo in due Paesi”?
Il programma del centrosinistra contiene una riflessione complessiva dell’attività svolta nel corso della passata legislatura, per poi arrivare alle seguenti proposte: rafforzamento della prevenzione con una riorganizzazione della medicina territoriale, investimento nell’utilizzo di nuove tecnologie, piano per la gestione delle liste d’attesa, promuovendo le migliori esperienze regionali, revisione della governance farmaceutica e revisione dei tetti di spesa, informatizzazione della sanità. Siamo in presenza di una proposta più organica che guarda anche alla prevenzione in una chiave di miglioramento della qualità della vita e di risparmio economico, a fronte di un minore ricorso alla ospedalizzazione. Giungiamo agli spunti critici. Non si fa cenno al rapporto tra pubblico e privato, mentre si focalizza l’attenzione sulle liste d’attesa, facendo riferimento all’applicazione delle best practice regionali (basti pensare all’Emilia-Romagna). A tal proposito non è chiaro in che modo la promozione delle esperienze più significative possa armonizzarsi con l’esistenza di 20 differenti Servizi Sanitari Regionali. Con riferimento, invece, ai farmaci e ai dispositivi medici si parla di “ripensamento” dei tetti di spesa, ma non si indica in quale direzione tale modifica verrà realizzata.
Il Movimento 5 Stelle ha predisposto un programma che appare più corposo e dettagliato di quello dei competitori. Lo sforzo sintetico porta a distillare le proposte nel settore sanitario nei seguenti enunciati: modifica dell’attuale modello di nomina della dirigenza sanitaria, legislazione sul conflitto di interessi per qualsivoglia attore della sanità, intervento sulla formazione e ricerca scientifica, trasparenza nelle liste d’attesa, informatizzazione, trasparenza e concorrenza nella farmaceutica, centralizzazione degli acquisti, revisione del convenzionamento e dell’accreditamento. E’ evidente che il main stream dell’intero programma è la trasparenza e la regolamentazione di qualsivoglia conflitto di interessi. Si propende per un’assistenza sanitaria incentrata sulle strutture pubbliche sino a prevedere un sistema autorizzatorio per i privati, subordinato alla verifica di un “effettivo equilibrio tra liste d’attesa, efficacia ed efficienza dei servizi pubblici da un lato e richiesta d’intramoenia, convenzionamento o accreditamento dall’altro”.
Anche in questo caso snoccioliamo i dubbi principali. Sembra quasi che la centralità del concetto di “trasparenza” realizzi un’inversione tra mezzo e fine. Per meglio chiarire affrontiamo il caso delle liste d’attesa. I pentastellati affermano che si debbano pubblicare online tutte le informazioni. Tale intervento, già normativamente previsto (con tutti gli accorgimenti in tema di privacy) può senz’altro dar luogo ad un migliore controllo della gestione delle liste e può fungere da deterrente per illegittime modifiche o inutili duplicazioni, ma non è risolutivo. Conoscere la consistenza di una lista, ad esempio per una risonanza magnetica, non elimina il problema della lunghezza della stessa (e quindi dell’attesa per il paziente), siccome il nodo è nella appropriatezza della prescrizione, nel rapporto tra domanda e risposta diagnostica, nella carenza di organico (medico e paramedico). Non è chiaro come si intenda risolvere questi aspetti.
Altro elemento cruciale è rappresentato dalla volontà di rivedere il sistema delle autorizzazioni per i privati. Se ogni attività di revisione finalizzata ad eliminare distorsione è senz’altro utile, appare, invece, rischiosa l’applicazione di un meccanismo eccessivamente restrittivo, la cucitura di una camicia di Nesso che veda il privato come un motore di riserva eventuale. Se così fosse, come si concilierebbe con un settore che impiega 68.000 addetti e contribuisce al 10.7% del PIL? Come si porrebbe dinanzi ad un sistema assistenziale nel quale vi sono strutture ospedaliere private (basti pensare all’ospedale di Tricase), che non rappresentano una extrema ratio, ma un tassello imprescindibile nell’assetto ospedaliero? Due dubbi che necessitano un chiarimento profondo.
Il programma di Liberi e Uguali propone un aumento del finanziamento della sanità pubblica, un piano triennale per il rafforzamento del personale dipendente, il superamento dei ticket e l’abolizione dei superticket (cioè l’importo aggiuntivo di 10 euro su ogni ricetta per prestazioni di diagnostica e specialistica), la garanzia dei diritti sessuali con programmi di educazione sessuale e l’intervento sul numero dei medici obiettori. La proposta prende le mosse dalla constatazione cruciale che il livello di spesa sanitaria italiana è agli ultimi posti in Europa, per giungere a prevedere un aumento considerevole delle risorse (addirittura di 5 miliardi in 5 anni per la sola edilizia sanitaria), sino ad affrontare anche la grande questione della compartecipazione dei pazienti al costo dell’assistenza. Questa prospettiva, però, pone anch’essa dei dubbi. Ha il merito di affrontare il tema dei ticket che le altre forze politiche non toccano (ad eccezione di un riferimento da parte del M5S sul ticket per i farmaci), sino ad affermare l’abolizione del superticket (accogliendo l’auspicio di molti economisti, basti consultare lavoce.info), ma non si comprende in cosa consista il generico riferimento al “superamento” del ticket. Infine, non è chiaro in che modo si intenda intervenire su quello che viene definito il “problema del numero eccessivo di medici obiettori”. Ciò dovrebbe avvenire forse riproponendo il tanto discusso concorso espletato per l’Ospedale San Camillo di Roma che prevedeva l’assunzione per soli medici non obiettori? Se così fosse, qualora i clinici interessati, a fronte della sottoscrizione di una dichiarazione in tal senso, successivamente cambiassero idea nel corso della carriera e invocassero l’obiezione di coscienza, quale soluzione costituzionalmente conforme intenderebbero adottare?
Questa carrellata non è semplice sia per la complessità del tema, sia per un panorama che appare frastagliato. In questa fase della campagna elettorale le voci iniziano a sovrapporsi in una giostra comunicativa folle nella quale, però, abbiamo il dovere, da cittadini, di ritagliarci uno spazio di analisi, perché shakespirianamente “c’è del metodo in questa follia” e dobbiamo sforzarci di coglierlo per assumere una decisione consapevole. L’auspicio è che i dubbi siano dissolti, per evitare che la lettura delle diverse proposte non finisca per determinare un attacco di ipocondria simile a quello che portò Roberto Gervaso ad affermare che “la salute è quello stato di benessere che non lascia presagire nulla di buono”.
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