Scena già vista nelle settimane peggiori del Covid ai tempi della prima ondata, quella di oggi pomeriggio davanti al pronto soccorso del “Vito Fazzi”, dove una decina di ambulanze sono state in fila in attesa ore prima di poter sbarellare i pazienti. Tra questi anche una donna in gravidanza positiva. Tra i mezzi di soccorso in fila, anche uno con a bordo un medico, cosa rara di questi tempi perchè le ambulanze medicalizzate sono poche e sono risorse preziose sul territorio che non si possono vedere ferme in caso di emergenze gravi.
Come si vede dal video si tratta del pronto soccorso dedicato all’emergenza di pazienti positivi al Corona virus che, insieme a infermieri, soccorritori, medici del 118 vestiti con la tuta protettiva anti Covid, hanno atteso quattro, cinque, sei ore prima di poter essere presi in carico dal medico del pronto soccorso. Una situazione già raccontata altre volte da SanitàSalento, sia per denunciare la grave carenza sul territorio che resta sporovvisto per ore di mezzi di soccorso, sia per il disagio lamentato più volte dagli operatori sanitari che durante l’estate, sopratutto con le alte temperature, sono costretti a rimanere per lungo tempo vestiti con divise che diventano insopportabili da star male, come è avvenuto in più circostanze e come già raccontato.
Soprattutto c’è in ballo l’emergenza del paziente che rischia di non essere trattato più come tale, basta vedere i dati registrati alle 22 del 24 marzo che indicano come le urgenze (in arancione) hanno un’attesa di oltre due ore, le emergenze in codice rosso, quelle più gravi, di un quarto d’ora. Si tratta di situazioni in cui il fattore tempo è vitale e fa la differenza in molti casi.
Oggi l’ambulanza di Martano per esempio é arrivata al pronto soccorso alle 15 e 30 per ripartire alle 19 e 45 quando é riuscita a sbarellare il paziente che aveva a bordo. Nell’attesa il personale 118 cerca naturalmente di assistere nei migliori dei modi chi si trova in ambulanza, ma è chiaro che non si può garantire la stessa modalità assistenziale di un ospedale.
Il problema delle lunghe attese davanti al pronto soccorso é legato in primis alla carenza di medici, una penuria che viene segnalata da anni ma senza grande successo. I pochi medici che l’Asl era risucita ad individuare e assumere con incarichi a tempo determinato hanno lasciato, forse sarebbero rimasti se agli anni di servizio fosse seguita la stabilizzazione che invece non é arrivata, spingendo i medici precari a prendere altre strade.
Così ad aprile altri due medici andranno via dal pronto soccorso mentre già unidici lo hanno lasciato a 19 colleghi in tutto che devono dividersi tra il servizio Covid del “Vito Fazzi” e no Covid nel Dea. In pianta organica dovrebbero essere ben 32 medici quasi il doppio dell’attuale personale che infatti non ce la fa più a reggere gli enormi flussi di accessi tra “Vito Fazzi” e Dea.
Da Bari l’assessore alla sanità Rocco Palese ha sollecitato i vertici delle Asl a emettere disposizioni di servizio verso medici di altri reparti o ospedali per colmare le carenze di organico dove serve. Soluzione palliativa per Fratelli di Italia che per voce del capogruppo regionale Ignazio Zullo, fa notare come risolvere i problemi del pronto soccorso significhi fare una programmazione a monte per potenziare i servizi sul territorio svuotando i pronto soccorso da accessi impropri, che non sono urgenti o emergenze. Non solo, oltre a ciò serve una rete di servizi ospedalieri che ruotano attorno ai pronto soccorso funzionanti e operativi h24, come i laboratori, le radiologie, sopratutto serve affrontare una volta per tutte l’impossibilità di ricoverare nei vari reparti per mancanza di posti letto, spesso occupati per interventi programmati che tolgono posto alle emergenze. Quello che si verifica secondo Fratelli di Italia è che a seguito della chiusura di vari ospedali e quindi pronto soccorso, quelli rimasti operativi, hanno visto aumentare il numero di accessi, mantenendo però gli stessi spazi, lo stesso i personale e posti letto. Palese – dice Zullo – deve rendersi conto che non servono tanto le circolari quanto interventi mirati e programmati.
Per il dottor Raffaele Gaudio, responsabile regionale della dirigenza medica della FVM-FISMU (federazione italiana sindacale dei medici uniti) é necessaria una cabina di regia ad hoc. Le difficoltà sono enormi e tante: un iperflusso di pazienti che inevitabilmente ristagnano nel pronto soccorso che arriva a contare 40, 50 persone rendendo di fatto il pronto soccorso un vero e proprio reparto e non un servizio di emergenza. La situazione – scrive Gaudio – si fa ancor più drammatica per l’annunciata imminente dimissione di 7 – 8 medici.
La proposta della FVM-FISMU è in sintonia con quanto dichiarato dall’assessore Palese, ovvero arruolare a turno una squadra di pneumologi, infettivologi, internisti che potrebbero garantire turni nel pronto soccorso Covid dando così una mano ai colleghi che si trovano nel pronto soccorso Dea e che non riescono a garantire il servizio di emergenza – urgenza no Covid. Oggi per esempio alcune ambulanze arrivate alla fine del primo turno, si sono messe in attesa del medico che non c’era e che è arrivato solo successivamente, mentre veniva chiamata da un mezzo di soccorso la questerua per denunciare la situazione.
I medici sono pochi anche al Dea e si rischia di andare a rilento anche lì, ieri sera erano decine le automobili di cittadini in attesa di entrare al pronto soccorso Dea.
L’altra segnalazione del dottor Gaudio é quella di individuare correttamente da parte del 118 il pronto soccorso adeguato, tenuto conto che gran parte dei pazienti che arrivno a Lecce in ambulanza sono di tipo geriatrico, Lecce dovrebbe rappresentare il polo delle gravi emergenze, lasciando ai pronto soccorso più periferici le urgenze meno complesse. Occorre poi che il bed manager che si occupa della gestione dei posti letto del “Vito Fazzi”, si impegni a reperire posti ai quali i medici del pronto soccorso possono far riferimento per eventuali ricoveri, ciò va di pari passo con l’eliminazione dei ricoveri programmati, a favore di quelli urgenti.
C’è infine la tanto discussa collocazione del triage del pronto soccorso no Covid situato nel Dea, proprio a ridosso del tunnel di collegamento con il “Vito Fazzi”, per cui l’accettazione, i tamponi, le consulenze del pronto soccorso viene fatto tutto in una zona di passaggio con un’elevata promiscuità: il passaggio del vitto, della lavanderia, il trasferimento di un paziente trovato positivo dal Dea al pronto soccorso del “Fazzi”, tutto avviene nel tunnel presso l’accettazione del pronto soccorso, nella totale assenza di percorsi distinti, in un caos che costringe il personale a gridare per farsi sentire da colleghi e familiari di pazienti. In tutto ciò viene meno anche la privacy del paziente e non é difficile trovarsi davanti una persona sulla barella in pessime condizioni, sanguinante, mentre c’è chi spinge il carrello del vitto e qualcun altro grida perchè aspetta da troppo tempo. Forse l’attuale sala d’attesa che ha una propria entrata potrebbe essere, secondo il dottor Gaudio, una valida alternativa dove collocare il triage/accettazione del pronto soccorso.
Questo invece diventa a volte anche difficile da raggiungere, perchè la segnaletica – ci dicono dal Dea – non è stata aggiornata, per arrivare si dovrebbe entrare dal “Vito Fazzi” e giungere lì nei pressi del tunnel, invece i più arrivano dal Dea che però non ha un percorso che porti dritto al pronto soccorso. Anche in questo caso c’è chi perde minuti preziosi mentre il proprio congiunto è in preda ad un infarto.