“Crisi di nervi in paziente con terapia psicologica” é l’ennesima chiamata impropria per l’ambulanza costretta a partire da Galatina per arrivare da una paziente presso i Laghi Alimini, in località Fontanelle frazione di Otranto. Il codice come si vede dalla spunta indicata sul report é di colore verde, a indicare che il caso in questione non rappresenta un’emergenza per la quale dovrebbe essere chiamato il 118.
Trenta chilometri di strada provinciale percorsa a sirene spiegate, correndo per fare in fretta e rendersi quanto prima disponibile per eventuali altre chiamate, queste sì di vera emergenza. E’ quello che è accaduto pochi giorni fa alla squadra del 118 di Galatina che ha tenuto occupato il mezzo di soccorso per una situazione che poteva essere affrontata – dicono gli operatori – diversamente sul territorio, se ci fosse un servizio adeguato per i cittadini.
Invece quello che accade è la presa in carico di un paziente in maniera impropria, che spesso finisce per essere trasportato in pronto soccorso per mancanza di alternative alla risoluzione del problema. L’effetto è quello che si sente tutti i giorni dai vari pronto soccorso degli ospedali: triage ingolfato di utenti in attesa per ore, la maggior parte per casi non di emergenza, ma poi ci sono anche quelli urgenti come quello che ci ha riferito Michele.
L’uomo ieri ha accompagnato la moglie al pronto soccorso di Altamura dopo aver avuto indicazioni dal medico curante che, letto gli esami della donna, avrebbe invitato la signora a sottoporsi urgentemente ad una trasfusione per evitare il peggio, visti i valori e la situazione di salute della paziente.
Così è stato, ma come ci ha raccontato Michele, arrivati alle 8,30 del mattino la donna ha dovuto attendere diverse ore prima di avere la trasfusione. Alle 17 il marito ci chiama per riferire che ancora non era stata prestata alcuna cura alla moglie in attesa dalla mattina alle 8,30.
I ritardi nell’assistenza emergenziale non sono dovuti però agli accessi impropri che é vero che affollano l’accettazione e il pronto soccorso, ma se si tratta di codici verdi o bianchi di bassa complessità vengono messi in attesa, dando la priorità ai codici rossi e gialli più gravi ed urgenti.
Il problema come da più parti ci segnalano è dovuto piuttosto alla gravissima carenza di personale, soprattutto di medici che per esempio devono dividersi tra emergenze Covid e no Covid di fatto due pronto soccorso spesso dislocati in ambienti separati come a Lecce: uno all’ospedale “Fazzi”, l’altro al Dea, ma con lo stesso personale di sempre, già sottodimensionato prima dell’emergenza sanitaria e adesso ridotto ancora perchè non si é riusciti a stabilizzare i precari assunti con la pandemia, motivo per cui molti medici hanno lasciato trovando altre strade occupazionali.
Il risultato è che l’organico in servizio é insufficiente, le attese sono lunghissime, le ambulanze che arrivano sono costrette a mettersi in coda per poter sbarellare il paziente, se poi è positivo al Covid gli operatori che sono con lui vestiti con la tuta protettiva rischiano di sentirsi male, stando in queste condizioni per ore, specialmente se é estate. I mezzi di soccorso sono così molto spesso tenuti occupati, tanto da sentire dalla centrale operativa del 118 di non avere ambulanze disponibili da mandare in soccorso al cittadino che chiama.
Eppure sul servizio di emergenza – urgenza si era parlato a lungo sui tavoli regionali per una riforma ai tempi in cui il dottor Ruscitti era alla guida del dipartimento regionale della salute, poi non se ne è fatto più niente. Nel frattempo i camici bianchi come gli infermieri, sono diminuiti sempre di più e non solo nel pronto soccorso ma anche nel 118 dove accade che paesi come Nardo con 40mila abitanti, durante il turno d notte come quello appena trascorso, hanno una postazione di emergenza – urgenza senza medici nè infermieri o città come Lecce abbiano soltanto due automediche, peggio ancora se nell’automedica manca proprio chi deve esserci: il medico. Così si viaggia con ambulanze prive di personale sanitario, ma soltanto con i soccorritori che seppur preziosi per il ruolo, non sono abilitati neppure a misurare la pressione – come ci dice il dottor Maurizio Grecolini segretario provinciale Fimmg emergenza 118 – I soccorritori per lo più sono addetti al trasporto in barella del paziente.
Sulla questione annosa del servizio di emergenza e pronto soccorso sono intervenuti da più parti, da Gravina di Puglia Mario Conca ex consigliere regionale pochi giorni fa ha segnalato per l’ennesima volta il disservizio del 118 a causa di carenza di mezzi e organico perché spesso rimangono bloccate per ore e ore nei pronto soccorso alfine di sbarellare i pazienti, oppure perché inviate, a modi USCA (unità speciali di continuità assistenziale), su codici poco critici che, al contrario, dovrebbero essere trattati dai PTA se funzionassero e fossero operativi h24. “Così non è” dice Conca.
Da Lecce la FISMU (federazione italiana sindacale medici uniti) per voce del dottor Raffaele Gaudio ha più volte gridato il disperato bisogno di incrementare il numero di medici nei pronto soccorso, in particolare nel capoluogo salentino dove 18 medici devono dividersi tra due pronto soccorso Covid e no Covid con turni negli ambulatori dei codici verdi e bianchi, quello dei rossi e gialli, l’osservazione breve orami diventato a tutti gli effetti un rpearto perchè non si riesce a ricoverare in ospedale per mancanza di posti letto, turno di notte, mattina e pomeriggio, riposi, recuperi, ecc…Si lotta per recuperare specialisti che possano prestare servizio nel pronto soccorso Covid: infettivologi, anestesisti, pneumologi in modo da ottimizzare i medici del pronto soccorso per tutte le altre emergenze senza doversi dividere con quelle da Corona virus. La proposta arrivata dal dottor Gaudio è stata finalemnte accolta dall’Asl che ha recuperato ad oggi soltanto tre medici.
“Soluzioni “arrangiate” senza programmazione seria a monte e non credo se ne esca facilmente” – dice il dottor Grecolini – se non si cambia la normativa vigente. Oggi per esempio – continua Grecolini – un medico per lavorare nel 118 deve laurearsi con un percorso di cinque anni, per accedere però alla facoltà di medicina si deve superare un test di ingresso, nelle migliori delle ipotesi dopo la laurea si prende l’abilitazione. Già questo percorso lungo consente di avere incarichi a tempo che possono tramutarsi a indeterminato solo dopo un corso regionale di emergenza. Qui da noi – dice Grecolini – non se ne vedono da tempo.”
Se poi l’Asl non riesce a stabilizzare neppur equei medici a tempo che ha trovato, é chiaro che si persono pezzi per strada con enormi difficoltà per chi resta.