Entra nel 118 con la barella biocontenitiva e scatena il panico

Entra nel 118 con la barella biocontenitiva e scatena il panico

Un passaggio contagioso quello della barella biocontenitiva che ieri sera trasportava un uomo affetto da Covid, attraversando il corridoio che collega il Dea con l’ospedale “Vito Fazzi”, proprio dove si trova la postazione 118. Uno spostamento che ha scatenato la rabbia e la paura del personale che in quel momento si trovava in servizio e che più volte ha lamentato l’assenza di regole interne che indichino agli addetti quale tragitto seguire per il trasporto Covid e quale invece lasciare indenne, per evitare l’eventuale diffusione del virus.

Nel video si vede bene un’operatrice sanitaria che entra dal Dea nel “Fazzi”, attraversando la postazione 118 che si trova di fronte la statua di Padre Pio, guardando dall’esterno, collegato al pronto soccorso Dea proprio dal tunnel di recente costruzione. L’addetta percorre tutto il corridoio tra infermieri e sanitari che corrono a rinchiudersi nelle stanze. Qualcuno nota che la cappottina della barella è appannata, cosa che insospettisce e spaventa per un possibile mal funzionamento del sistema di filtraggio dell’aria, con il rischio di contaminare quella circostante.

Il paziente infatti che si trova dentro la biocontenitiva respira l’aria che viene prelevata da un piccolo motore posizionato esternamente alla barella dalla parte della testa, per fuoriuscire dall’altra estremità passando però prima attraverso i filtri che si trovano nella capottina ed essere così espulsa pulita, evitando la diffusione del virus.

La rabbia di chi é in servizio nella postazione 118, nasce anche dal fatto che quel corridoio di passaggio non é certo che verrà sanificato. Ad oggi infatti la squadra di SanitàService deputata alla sanificazione non si é vista e il rischio di un focolaio c’è tutto.

Mentre l’addetta spinge la barella, si sentono un’infermiera che si domanda proprio se la società partecipata dell’Asl provvedrà poi a sanificare gli ambienti in cui lei e i suoi colleghi si trovano a dover lavorare. Si sentono le voci di alcuni lavoratori del 118 che intimano a chi indossa la tuta protettiva di non passare, c’è chi seccato la invita ad uscire, si sente sopratutto la voce maschile che riferisce a qualcuno che un’Oss (operatrice socio sanitaria) del 118 avrebbe avuto notizia che il passaggio sarebbe stato autorizzato dall’ufficio infermieristico. Così tra il malcontento del personale 118 che minaccia di mandare ai Nas documentazione video, l’operatrice si giustifica spiegando di non sapere dove andare, di aver perso la sua collega della quale è in cerca, mentre esce dal tunnel che dà sbocco ai vari reparti dell’ospedale “Fazzi” dove ci sono percorsi puliti dedicati al pubblico.

Si ripete quello che abbiamo già raccontato agli inizi della pandemia nel 2020, quando colti alla sprovvista non c’erano nell’ospedale leccese percorsi ben distinti tra pulito e sporco. A distanza di un anno sembra oramai acclarato che il Dea sia dedicato al Covid e il “Fazzi” sia prevalentemente destinato ai casi no Covid, ma invece di tenere ben distinte le due aree si da non contaminare l’una con l’altra, si rischia di diffondere il Covid per il mancato rispetto di due tragitti differenti.

“Quando si può – ci fa sapere Osvaldo Maiorano, direttore di presidio – vengono usati percorsi esterni. Così come quando dal Dea si arriva nel “Fazzi” per prelevare un paziente positivo, il reparto dove la persona si trova ricoverata sino a quel momento, viene poi subito sanificato.” Queste le parole del direttore medico Maiorano che però ci dice anche di non conoscere il caso specifico che si ripromette di appurare e ricostruire per poi darci ulteriori chiarimenti.

Roberta Grima
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