Sono urla di rabbia ed esasperazione quelle che si sentivano stamattina nel corridoio della Terapia Antalgica del “Vito Fazzi” di Lecce, un corridoio semivuoto, perché la gente che arriva non trova risposte tempestive e se ne va, proprio come accaduto oggi al signor Amedeo, che girando i tacchi ha urlato all’infermiere, minacciando una denuncia, per non aver trovato assistenza per suo figlio; un uomo di 46 anni, affetto da sclerosi laterale amiotrofica, che per mancanza di medici, non ha ricevuto la dovuta assistenza.
Il paziente è affetto da SLA, una malattia neurodegenerativa, che lentamente paralizza tutti i muscoli del corpo, sino ad arrivare a quelli vitali come i polmoni. Padre e figlio che per rispetto della sua privacy, chiameremo Gianni, combattono una dura battaglia da 16 anni, non tanto contro la malattia, bensì contro tutte le inefficienze di una politica sanitaria che sembra ignorare diritti e necessità dei malati. Gianni ha bisogno di aumentare il dosaggio del farmaco, attraverso la cosiddetta pompa di infusione, un dispositivo posizionato chirurgicamente sottopelle che rilascia l’analgesico nel midollo spinale, alleviando dolore e consentendo di rilassare e rendere più morbidi gli arti e tutto il corpo. Attualmente però, il dosaggio non fa effetto: “mio figlio – racconta Amedeo – vibra tutto quanto a causa della pompa e non riesco neanche a vestirlo. L’aumento del dosaggio del medicinale, ridurrebbe questa continua vibrazione e la sua sofferenza. Una prestazione medica che impegna pochi minuti l’anestesista, ma non siamo riusciti a trovarlo. Purtroppo dobbiamo tornare venerdì per avere questo tipo di assistenza, l’unico medico che c’è presso la terapia antalgica di Lecce, è impegnato in sala operatoria e per oggi salta la seduta. Io – continua Amedeo – ho 76 anni, non ho paura di denunciare chi di dovere e gridare la mia rabbia. Mio figlio non può essere vestito perché non c’è personale che ammorbidisca le sue membra e vengo rimandato a casa. Potrebbero assumere almeno un secondo anestesista, invece di spendere denaro in altro, che diano i servizi ai malati.”