Come è possibile che un uomo positivo al Covid, ma con malattia psichiatrica fosse ricoverato insieme ad altre persone nel reparto Covid libero di circolare, con possibili rischi per sè e gli altri. E’ la domanda che si pongono in tanti nel “Vito Fazzi” dopo la tragica notizia appresa stamane di un giovane di 38 anni trovato senza vita questa mattina riverso nell’aiula dell’ospedale. L’uomo si sarebbe buttato dalla finestra del terzo piano del reparto un’ipotesi questa plausibile, ma l’uso del condizionale è d’obbligo perchè non si conosce ancora l’esatta dinamica. Certo é che in molti si chiedono nell’ambiente come sia stato possibile che ciò sia accaduto, visto che l’evento sarebbe avvenuto intorno alle prime ore del mattino, quando solitamente nei reparti ospedalieri cominciano le terapie ai pazienti e visto che c’é sempre personale presente 24 ore su 24. Non solo proprio il reparto Covid é poco accessibile, difficilmente si entra e si esce per evitare diffusione del virus. Eppure c’é anche chi ipotizza che il paziente sia uscito dal reparto. Per ora sono solo ipotesi, quello che andrà chiarito è se c’é stata una mancata sorveglianza da parte di chi era in servizio, se gli operatori sanitari erano sufficienti rispetto al numero dei degenti si da poter garantire l’attenzione dovuta, ma soprattutto c’è da capire se l’uomo deceduto, positivo al Covid, era affetto effettivamente da malattia psichiatrica e se come tale era giusto ricoverarlo al terzo piano con altre persone o sarebbe stato meglio collocarlo in un’area isolata della psichiatria.
Di solito infatti le degenze psichiatriche sono strutturate adeguatamente alla tipologia dei pazienti, per esempio le stanze sono al primo piano con finestre basse o con grate davanti proprio per evitare tragici episodi. Quello che è accaduto ha fatto discutere negli ambienti proprio sulla corretta o meno organizzazione dell’area Covid nel “Vito Fazzi” che secondo alcuni medici e infermieri, non sarebbe ottimale. Meglio – dicono dalle corsie – avere stanze dedicate e isolate per il Covid in ciascun reparto, in modo che lo specialista sappia gestire il paziente in base all’esperienza acquisita della propria branca, chiedendo eventualmente consulenza per il trattamento del Covid in caso di difficoltà. Così la persona con distubi psichiatrici sarebbe stata ricoverata in psichiatria e gestita da personale specializzato.
Nel reparto del terzo piano ex chirurgia dove attualmente vengono ricoverate tutte le persone positive al Corona virus indipendentemente da altre possibili patologie presenti, lavorano pochi infermieri per lo più giovani, non sappiamo con quanta esperienza in materia di Covid, pochissimi operatori socio sanitari, gran parte del personale é risultato positivo ed è a casa in quarantena. Una situazione quello dell’organico carente che costringe spesso i pochi infermieri in servizio a svolgere anche mansioni da operatore socio sanitario che non compete loro, con una mole di lavoro che certo non aiuta a garantire la massima attenzione e assistenza infermieristica verso i pazienti.
C’é anche da riflettere sul fatto che spesso le persone malate di Covid possono avere disturbi mentali, proprio per grave carenza di ossigeno al cervello e questo aspetto forse andrebbe considerato nella gestione di questi pazienti, pensando alla presenza di operatori in grado di trattare casi psichiatrici o simil – psichiatrici.
Nel caso di specie oltre al personale di medicina com’é attualmente é al terzo piano, si potrebbe pensare anche alla presa in servizio di chi é in grado di trattare casi più complessi. Un’alternativa a cui forse vale la pena riflettere.