Non sono soltanto le ambulanze senza medici a bordo, a mettere a repentaglio la vita di chi è in pericolo, ma il 118 salentino è privo anche di infermieri lungo le postazioni marine, proprio laddove sono maggiori gli interventi per alcool, droga, incidenti stradali, soprattutto lungo la statale verso Gallipoli, lì sorgono i locali più rinomati, dove giovani vacanzieri si danno agli sballi estivi. Poi di giorno in spiaggia ci sono anche gli incidenti per annegamento, malori. La sicurezza però rischia di essere messa in gioco, se non si ricorre ai ripari. Lungo la costa le ambulanze partono con un soccorritore e un autista durante la notte, al mattino arriva il secondo soccorritore. Forse si chiude un occhio in quelle località che servono per un paio di mesi, ma che avrebbero bisogno almeno della presenza di un infermiere, visto che il soccorritore non può per legge, neanche prendere una vena al paziente.
A rendere difficile però l’organizzazione del servizio è una gestione caotica del 118, che in Puglia è fatta di: dipendenti Asl, medici convenzionati a tempo indeterminato, ditte private e soprattutto di una rete di associazioni di volontariato convenzionate, dietro le quali si nasconde un sistema gestionale “mafioso”.
Associazioni che il più delle volte non hanno nulla di regolare, tanto che l’ultimo bando di gara emanato dall’azienda sanitaria leccese, per l’affidamento del servizio, fu sospeso perché le onlus che si erano presentate erano prive dei requisiti previsti dalla norma: personale senza i titoli idonei, mezzi di soccorso insufficienti o dichiarati, ma in realtà inesistenti. L’Asl fu costretta a sospendere il bando e lasciare il 118 in mano a chi gestiva in quel momento (era il 2012), le diverse postazioni di soccorso nel territorio, ovvero le stesse onlus che si erano presentate alla selezione e che continuano a lavorare indisturbate. Sono sempre le stesse che si dividono le postazioni in lungo e largo nel tacco di Italia. “Se un giovane disoccupato, decidesse di mettere su un’associazione di volontariato, per supportare l’Asl nel servizio 118, non riuscirebbe a farlo, perché il territorio è ben spartito da chi già è in attività ed è impossibile fare entrare una nuova gestione.” Così rispose circa un mese fa Giuseppe Capoccia, magistrato della procura di Lecce, alla domanda se esiste o no un’organizzazione mafiosa nella rete di onlus. Il pm, a febbraio scorso, chiuse l’indagine sulla PROCIVIL LECCE e sul GRUPPO SOCCORSO E PROTEZIONE CIVILE LECCE, con l’accusa per i rispettivi rappresentanti legali, di truffa e falso, ai danni dell’Asl, che continua a pagare la convenzione alle due associazioni, nonostante fossero state raggiunte dalle stesse accuse, anche due anni fa, per avere presentato documentazione falsa relativa a mezzi e personale.
Un paradosso che ai contribuenti costa 23 mila euro al mese per ogni singola associazione. Una spesa poco chiara perché la convenzione che le onlus dovrebbero ricevere, dovrebbe aggirarsi tra i 7.200 e i 17 mila euro mensili, a seconda se il personale è composto esclusivamente da volontari o se invece è misto con un massimo di quattro dipendenti. I canoni sono sanciti dal regolamento regionale 1171 del 2008, che però l’azienda sanitaria leccese, sembra non aver ancora applicato, lasciando una vecchia convenzione del 2003.
Non è tutto perché il 118 è fatto anche di finto volontariato. Le onlus che si spartiscono il territorio, spesso rappresentano un vero e proprio lavoro nero legalizzato. Come ammesso dal direttore generale dell’Asl salentina e dall’ex assessore pugliese Elena Gentile.
Si tratta di servizio garantito da lavoratori volontari che prendono una retribuzione simbolica di rimborso spese, ma autisti e soccorritori riescono ad arrivare anche ad una busta paga di 800, mille, mille e 200 euro. C’è anche chi lo stipendio ce l’ha , ma arrotonda come molti infermieri dell’Asl o di strutture private convenzionate che, finito il turno di lavoro, salgono sull’ambulanza convenzionata. Quello che continua ad accadere è che il personale dipendente di cliniche private o di ospedali pubblici, spesso arrotonda in una delle tante onlus per 50 euro a turno, anche quando dovrebbe riposare dopo un turno di notte, così come previsto dalla legge.
Quando i NAS di Lecce, fermarono un’infermiera nel 2013, che invece di lavorare in ospedale, andava sul mezzo di soccorso di una associazione, prendendosi però lo stipendio ospedaliero, il direttore dell’Asl salentina, Valdo Mellone, emanò una circolare con il divieto per i suoi dipendenti di coprire turni altrove. Non è bastato però, perché a fare questi giochetti, sono alcuni infermieri del nosocomio “Perrino” di Brindisi, che occupano le postazioni del 118 salentino nelle onlus convenzionate. Una di queste è la Vivi Bene, dove, secondo un testimone, ad essere incompatibile è non solo un infermiere brindisino, ma anche dipendenti di strutture private e un’ addetta alle pulizie dell’Asl leccese e un becchino di un’agenzia di pompe funebri, che svolge attività di soccorritore nonostante Valdo Mellone abbia ammonito dipendenti pubblici, ma anche privati, a svolgere l’attività 118.
Chi ha denunciato queste irregolarità all’Asl e alla procura poi, è stato sospeso o licenziato, come i tre lavoratori di Emergenza Salento, un’altra onlus sulla quale sono stati presentati degli esposti in procura. I tre volontari, riuscivano a portare a casa una vera e propria busta paga pari a 1000 -1200 euro mensili, coprendo anche 20 e più turni, senza avere contratto, ferie, malattie. Il presidente di quattro anni fa anni fa, estorceva loro la meta del loro stipendio, pena il licenziamento e così fu, quando i tre si ribellarono a un sistema criminoso a cui non volevano sottostare. I tre aspettano giustizia, ma soprattutto rivogliono indietro il loro lavoro per mantenere le proprie famiglie. Stanno aspettando che le istituzioni facciano la loro parte, i tre hanno fatto la propria, denunciando le illegalità presenti, ma hanno pagato a caro prezzo.
Da tre anni la giunta Vendola si dice intenzionata a riformare tutta la gestione caotica del 118, si sono susseguiti quattro assessori, ma sin’ora al di là di un tavolo tecnico e qualche interrogazione regionale, nulla è stato modificato.
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