Tutto pronto per ricoverare eventuali pazienti nel quarto piano della pneumologia Covid del Dea. Ad assicurarlo il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, che questa mattina è arrivato a Lecce, per inaugurare i 16 posti letto della terapia intensiva respiratoria. Degenze che possono essere immediatamente riconvertibili in posti letto di rianimazione, qualora ce ne fosse bisogno.
L’asl fa sapere in un comunicato stampa, che ha organizzato due équipe medico – infermieristica: una dedicata a pazienti che necessitano di alto impegno assistenziale, una seconda destinata invece a quei pazienti che richiedono un’assistenza di medio intensità. Le due squadre – chiariscono dall’asl – avranno una forte integrazione e un’unica direzione. Per quanto attiene l’area medica, l’equipe multiprofessionale è costituita da: 3 pneumologi, 2 anestesisti-rianimatori, un cardiologo intensivista, 6 specialisti in medicina interna, 4 geriatri e un allergologo.
Il modello di lavoro da dipartimento funzionale organizzato per intensità di cure – si legge nel comunicato dell’asl – è in via di replicazione in altri presidi ospedalieri, primo tra tutti l’ospedale Covid di Galatina.
Rianimazione Galatina
Su quest’ultimo abbiamo chiesto al presidente Emiliano, a quando la realizzazione della terapia intensiva/rianimazione, così come previsto dalla stessa Regione Puglia che aveva individuato il “Santa Caterina Novella” come ospedale Covid, a patto che si realizzasse la rianimazione. L’asl per questo si é avvalsa dell’Asset, l’agenzia regionale pugliese per lo sviluppo ecosostenibile, per costruire il reparto mancante e ampliare così l’offerta sanitaria, aumentando i posti di terapia intensiva che si affincherebbero a quelli del Dea.
Ad accogliere il presidente Michele Emiliano, il direttore di presidio dottor Osvaldo Maiorano, il consulente del direttore generale Rocco Palese, i tre direttori dell’azienda sanitaria: Pastore, Carlà e Rollo.
Il direttore Rollo
“Tutti quanti i pazienti con un quadro clinico importante – ha detto Rollo – possono essere ricoverati in questi ambienti del Dea, essere monitorati attraverso moderne strumentazioni. Nel momento in cui dovesse precipitare la situazione, possono essere mantenuti comunque nel reparto di pneumologia o nelle rianimazioni del Dea. Quindi il dipartimento offre le cure ad alta complessità che sono nella pneumologia, le terapie subintensive che attiviamo oggi e le terapie intensive per poter far fronte a tutti quanti i bisogni di salute, per un bacino complessivo di 120 pazienti all’interno del Dea”.
La questione ossigeno
C’è poi la questione dell’ossigeno. Tutti questi posti letto che si attivano infatti, richiedono l’utilizzo di gas medicali per pazienti Covid con difficoltà respiratoria. Il dubbio é se l’attuale l’impianto sia adatto per sostenere alti flussi di ossigeno o invece sia più prudente ripristinare la centrale autonoma del Dea, come da progetto originario e approvato dai vigili del fuoco.
Sulla questione ossigeno, sappiamo che ieri c’è stata una riunione tra i tecnici, i direttori dell’asl e il professore Magnanimo, direttore dei lavori del Dea durante la sua costruzione. Proprio quest’ultimo ha redatto una relazione a novembre scorso nella quale scrive che “l’attuale alimentazione del gas medicale nel Dea, determinerebbe problematiche importanti in tema di affidabilità e funzionalità.” Sostanzialmente secondo l’ingegnere, il tubo di collegametno che prevede un tratto della tubazione interrata in area non protetta, non sarebbe affidabile, “senza considerare che un’eventuale interruzione dell’attuale alimentazione di gas, data dalla centrale del “Fazzi”, porrebbe fuori servizio l’intero Dea. Cosa che non avverebbe se questo avesse una propria centrale con alimentazione diretta.” Non solo, il professore Magnanimo chiarisce che se la distribuzione di ossigeno avvenisse come da progetto originale, tramite un collegamento diretto e non derivato da un altro ospedale, ci sarebbe maggiore flessibilità per modulare e gestire il fabbisogno dei flussi di ossigeno.
“La variazione d’uso del Dea in ospedale Covid – scrive ancora il professor Magnanimo – determina inevitabilmente un incremento di fabbisogno di ossigeno e flussi di ventilazione che attualmente – scrive ancora il professionista – non sarebbe possibile soddisfare del tutto, senza ripristinare il sistema originale, con l’attivazione della centrale autonoma del Dea, servita dai due serbatoi previsti”, che l’asl fece smontare quasi un anno fa.
C’è da dire tuttavia che poche settimane fa, l’asl dopo aver bandito la nuova gara per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas nelle strutture sanitarie, tra cui anche il Dea, ha assegnato l’erogazione dei gas medicali alla ditta Sapio, che dovrebbe ripristinare nel Dea il sistema originale di ossigeno, con i due serbatoi criogenici.
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