Famiglie allo sbando, circa 10 mila pugliesi stanno tribolando non poco, dietro l’annosa questione dell’assegno di cura, per il quale attualmente regna il caos. Malati gravissimi che, non ricevendo l’assistenza domiciliare, perdono il diritto ad avere l’assegno di cura, bambini con autismo grave, costretti a rinunciare al trattamento ABA, per avere 20 punti in più, ai fini della graduatoria per l’ottenimento dell’assegno di cura. Questi alcuni dei paradossi di una burocrazia che non conosce la sofferenza delle 15 mila famiglie pugliesi che hanno fatto domanda di assegno di cura.
15 mila pugliesi con gravi disabilità chiedono l’assegno di cura
E’ vero non è un diritto – come ha chiarito l’assessore regionale al welfare Salvatore Ruggeri – ma come egli stesso ha dichiarato – lo diventa di fatto, quando il sistema sanitario pugliese, non è in grado di dare le risposte necessarie, ai cittadini più fragili. E’ da qui che si vede quanto è civile un paese. Proprio per questo nasce il bando per l’assegnazione di un supporto di 900 euro mensili, a quelle famiglie che si trovano a dover assistere il proprio congiunto con gravissime disabilità da non essere autosufficiente. Si tratta di quasi 15 mila famiglie pugliesi.
Chi non ha l’assistenza a domicilio, non riceve neanche l’assegno di cura, tutto a sue spese.
Nella stesura del bando però, la Regione avrebbe messo in atto gravi discriminazioni.”In particolare – fa notare Vito Tupputi, segretario regionale di Assomeda, nonchè portavoce del comitato “Uniti per l’assegno di cura” – uno dei criteri con i quali la Regione riconosce i 900 euro mensili, é l’attivazione dell’ADI (assistenza domiciliare integrata). Emerge quindi dal bando, che solo se una persona riceve già una forma di assistenza a casa, può beneficiare dell’assegno di cura. “E chi non ha questo servizio, pur avendone bisogno?” Si chiede Tupputi – Stando al bando – dice il segretario – verrebbe escluso. Così malati gravissimi, non solo non ricevono l’ADI, ma neppure l’assegno di cura. Cosicchè – conclude Tupputi – ci sono persone che al sistema sanitario pugliese, costano 40mila euro e persone che si pagano, quando possono permetterselo, l’assistenza domiciliare di tasca propria. Questa è un’altra grave discriminante, individuata da portavoce del comitato.
Senza ADI per carenza di personale sanitario e non perchè in migliori condizioni
Probabilmente il principio secondo il quale la Regione pone simili paletti, é la gravità del paziente, che di solito richiede e riceve l’assistenza a casa. “Ciò però – aggiunge Vito Tupputi – non significa automaticamente che chi non ha l’ADI, non sia in gravi condizioni di non autosufficienza, perchè va considerato il fatto, che la mancata assistenza domiciliare, possa dipendere da un’inefficienza dell’Asl, per esempio a causa di carenza di personale, come capita molto spesso.
Si chiede di rinunciare al diritto alla salute
Tupputi fa poi notare come la burocrazia regionale, abbia partorito ulteriori diseguaglianze, senza tener presente la realtà che vivono migliaia di famiglie. La Regione infatti – dichaira ils egretario di Assomeda -ha di fatto costretto familiari di persone con autismo, a rinunciare ad un proprio diritto, quale il trattamento ABA, per ottenere 20 punti in più, ai fini della graduatoria per l’attribuzione dell’assegno di cura, senza avere nenache la garanzia di ricevere i 900 euro mensili. Il governo pugliese – aggiunge Tupputi – dimentica che il trattamento ABA, é nei LEA, ovvero in quelle prestazioni che los tato obbligatoriamente deve garantire come un diritto.”
Pazienti di serie A e di serie B
Un altra stranezza del bando regionale, è per Tupputi l’esclusione di chi riceve buoni servizio o frequenta centri diurni. Si tratta di persone che non possono partecipare alla richiesta dell’assegno di cura, nonostante presentino gravi disabilità, visto che frequentano centri diurni e che comunque spesso richiedono un’assistenza anche a casa, sopratutto nella gestione delle crisi, che possono avere pazienti simili, come quelli psichiatrici, autistici, ecc…
La delibera che cerca di rimediare al bando
In effetti la delibera regionale 17 del 2019, cerca di riparare a questa discriminante, facendo rientrare nel bando i pazienti esclusi. Sono persone con disabilità psichiatriche, che ricevono i buoni servizio per pagare la retta in centri, che però non sono appropriati per mancanza di posti in strutture specializzate, pazienti che non ricevono l’ADI per responsabilità regionale e pazienti che avendo disabilità gravissime, vengono assistiti solo dal proprio familiare appositamente formato. A queste categorie di persone, la Regione, tramite delibera, stabilisce di riconoscere 25 punti ai fini dell’assegno di cura. “Un punteggio che non viene riconosciuto neanche all’autistico più grave – esclama Tupputi.
Si rischia un diverso trattamento da Asl ad Asl.
Il segretario regionale di Assomeda, fa poi notare come questa delibera che vuole riparare al bando, venga liberamente interpretata. “A Taranto infatti – riferisce Tupputi – i 25 punti si danno a chi viene considerato in una condizione di peggioramento, ma questo non è contemplato nella delibera regionale. ATaranto invece non si riconoscono i 25 punti al familiare appositamente formato ad assistere il proprio figlio con gravissime disabilità, come invece scritto in delibera. Ognuno fa come meglio crede, senza avere un’omogenità nelle diverse Asl della Puglia. Le famiglie sono alla sbando in una lotta per punteggi e salvaguardia di un diritto, tra caos e discriminazioni.”