Non abbiamo mai creduto che il “Piano di riordino ospedaliero” fosse la tavola della legge scolpita nel marmo, ma non pensavamo neanche di dover vedere tante modifiche e versioni.
Naturalmente tutto ciò è legittimo e comprensibile, se interpretato come il tentativo di rimodellare gli aspetti organizzativi, adattandoli e razionalizzandoli alle realtà e alle esigenze del territorio.
Il problema nasce dal fatto, che tante riedizioni fomentano retro pensieri sul rapporto tra politica locale e organizzazione sanitaria, ma soprattutto determinano ulteriore insicurezza e incertezza progettuale, che si aggiungono al disagio per le difficoltà strutturali del Servizio Sanitario nel nostro territorio.
Il DEA (distretto di emergenza assistenziale)
Partiamo da alcune certezze, che peraltro non sono di poco conto. Il “Vito Fazzi” è l’Ospedale hub, impegnato nel realizzare un DEA (distretto emergenza – assistenza) di 2° livello, di grande “impatto” tecnologico.
Il DEA costituisce una sfida storica, che deve essere supportata da risorse nuove, fresche e aggiuntive, non deve essere invece il “centro di raccolta” di tutte le risorse dell’ASL, che vengono così desertificate: annullare la rete salentina, vuotandola di dignità e ruolo, vuol dire votarsi ad un fallimento annunciato. Anche all’interno del DEA di 2° livello non crediamo, ad esempio, sia ammessa ancora la mancanza di una chirurgia vascolare, né la assenza di posti letto, sia pure “tecnici” dedicati alla radiologia interventistica (struttura chiave nel DEA e unica presente, con afferenze quindi da un territorio molto vasto)
I presidi di base
Le incertezze divengono più rilevanti negli Ospedali di 1° livello, privi in molti reparti di primari, vuotati criticamente negli organici (soprattutto chirurgici e anestesiologici, in affanno assoluto le prestazioni nefrologiche). Ospedali abbandonati nell’aspetto innovativo e nell’aggiornamento tecnologico, con un sistema trasfusionale assente (nonostante siano presenti DEA di 1° livello e Rianimazione), o inadeguato e insicuro, basato sulla processazione della provetta presso altro centro e trasporto con ambulanza dell’unità di sangue, spesso necessario con assoluta urgenza.
L’incertezza raggiunge poi la sua massima espressione, negli “Ospedali di Base”. Il DM 70 precisava caratteristiche e mission di tali Ospedali.
Aspettando la TIPO (terapia intensiva post operatoria)
Il presidio di Copertino è quello che maggiormente si è adeguato agli standard previsti. Certamente ciò è stato fatto quando si è trattato di ridurre posti letto e unità operative, invece sinora non è stata implementata la Terapia Intensiva Post Operatoria (TIPO), per mettere in sicurezza l’unico Ospedale dell’Azienda che ne è sprovvisto, situazione “imbarazzante” considerando che ad oggi nel P.S. di Copertino vengono trattati 35.000 accessi l’anno (affluenza seconda solo al Fazzi di Lecce, con un ruolo quindi cruciale nella rete dell’Emergenza-Urgenza).
L’ospedale di Casarano era stato classificato come Ospedale di Base, ma attualmente vive ancora l’ambiguità di una condivisione conflittuale con Gallipoli per aspirare al 1° livello: da una parte continua a conservare l’Urologia, ancora assente a Gallipoli e a realizzare una progettualità edilizia-strutturale espansiva, ma dall’altra in sofferenza per organici e quindi per prestazioni ridimensionate.
Il servizio chirurgico dove non può stare
L’ospedale di Galatina rappresenta invece un inedito normativo. Sarebbe un nosocomio di base, ma in realtà è un punto nascita (dopo accordo stato-regione). Conserva ancora la gastroenterologia, che avrebbe più senso nell’ospedale hub, sono invece state dismesse la chirurgia e l’ortopedia (che invece sono previste per l’ospedale di base).
Sebbene poi esista un’attività di week surgery, non é erogata secondo i canoni del day service, senza posti letto. Tuttavia i day service chirurgici, che sono modelli organizzativi razionali e utilissimi – come preconizzammo 6 anni fa – sono comunque slegati dalle attività del punto nascita a cui è dedicato Galatina. Come sono slegate dal presidio di Copertino che avrebbe invece, una “vocazione chirurgica”.
Quel che è certo che i reparti internistici e il pronto soccorso di Galatina, non possono avvalersi della pronta disponibilità del chirurgo e – secondo una disposizione – al medico del pronto soccorso o all’internista, spetta il compito (che non aveva avuto mai nel passato), di stabilire l’urgenza chirurgica e inviare il paziente ad altro presidio (a volte solo per una consulenza).
Riconosciamo che le difficoltà del cambiamento sono sempre rilevanti e non è generoso pretendere che improvvisamente tutti i pezzi del puzzle si incastrino e si armonizzino. Tuttavia alcune linee di tendenza sembrano andare inesorabilmente verso l’insicurezza degli operatori sanitari, nella direzione di una diminuzione delle performance, (che sulla base di quanto normato dal DM 70 saranno oggetto di valutazione e rimodulazione delle Strutture) e – ciò che è ancora più grave (e dovrebbe far riflettere il decisore politico) – un potenziale peggioramento della qualità delle cure reali e percepite dall’utenza.
Donato De Giorgi – presidente dell’ordine dei medici provincia di Lecce.
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