Il trasferimento del servizio dialisi da Calimera a Martano, si sarebbe dovuto fare da tempo, almeno dal 2006, quando a dirigere l’Asl leccese era il dottor Gianni Trianni. Venne fatta dai nefrologi di allora, la proposta al direttore generale, di realizzare una rete nefrologica, i medici individuarono alcune necessità, come quella di ampliare i posti dialisi, razionalizzando i servizi sul territorio. Uno dei primi progetti riguardava proprio Martano, anzi fu la prima proposta avanzata all’Asl: chiudere il servizio dialisi di Calimera, che venne giudicato pericoloso oltre che insufficiente alla domanda e trasferirlo a Martano, che invece era un paese più attrezzato, con le varie branche specialistiche associate, per cui ci sarebbero state sul posto, tutte quelle figure di medici che potevano risultare necessarie ad un servizio dialisi, come per esempio il radiologo, il cardiologo, ecc…
L’idea piacque al direttore Trianni, tanto che venne fatta persino una bozza di gara per le strutture dialitiche, Trianni chiese ai medici di preparare un’ipotesi di organizzazione strutturale in funzione dell’atto aziendale, avrebbe presentato alla Regione. Il direttore generale decise quindi di avanzare la proposta in maniera più organica ai sindaci interessati e convocò una riunione con i primi cittadini del circondario, in primis l’allora sindaco di Calimera e quello di Martano, oltre a medici e referenti dell’Asl. Dall’incontro venne fuori chiaramente che Calimera non si sarebbe dovuta toccare. La politica bloccò una scelta sanitaria, ma si misero di traverso non solo i politici, ma anche i nefrologi che da quella scelta non avrebbero tratto beneficio.
Chi si opponeva al trasferimento in verità, sosteneva che sarebbe stato un grande disagio per i pazienti dializzati, che per tre volte a settimana si sarebbero dovuti mettere in auto per arrivare a Martano, quando il servizio lo avrebbero avuto sotto casa. Così il progetto venne bloccato e rimase fermo per oltre 10 anni, durante i quali invece si preferì ampliare Calimera, impegnando già risorse finanziarie dell’Asl, che dovette meglio organizzare il servizio.
Forse la stessa cifra impegnata per Calimera, si sarebbe potuta usare per dare luogo al trasferimento a Martano, evitando oggi di spendere altri soldi.
C’é un altro aspetto sul quale riflettere: a distanza di sei, sette anni, dalla prima proposta di chiudere Calimera a favore di Martano, l’Asl chiese un finanziamento europeo di 4 milioni di euro per il potenziamento del poliambulatorio martinese, inserendo tra le opere finanziabili il centro dialisi, con il trasloco dei posti rene di Calimera. Chi doveva però preparare la scheda di finanziamento e gestire quindi i fondi, ha tralasciato di chiedere all’Europa, risorse anche per la realizzazione dell’impianto bi-osmosi, indispensabile per i posti rene.
Così oggi l’Asl ha già indetto l’appalto di gara, affidando alla ditta ATITECNCIA 85, la realizzazione dell’impianto bi-osmosi per una somma di 200 mila euro, che peseranno sul bilancio aziendale. Cosa ancor più paradossale, se si pensa che l’azienda sanitaria, ha perso 400 mila euro dal finanziamento europeo (fondi fers 2007 – 2013 4 milioni), perchè non ha completato le opere nel poliambulatorio di Martano nei termini previsti, mentre quanto realizzato strutturalmente non sempre presenta i requisiti stabiliti dalla normativa.
Proprio il centro dialisi è stato realizzato in un’area di passaggio, cosa che non può essere per la sicurezza dei pazienti che dovrebbero essere isolati, con porte tipo saloon invece che antincendio, situazioni alle quali l’Asl sta ponendo rimedio, ma a spese aziendali, perché la struttura possa essere accreditata dal sistema sanitario pugliese.
Riassumendo: quasi 10 anni fa, abbiamo speso soldi per una scelta più politica che sanitaria, quella di migliorare la dialisi di Calimera, oggi ci si pente della scelta e si ritorna alla vecchia proposta dei medici di concentrare il servizio a Martano. Qui un primo spreco. Successivamente, chiediamo i fondi all’Europa che ci finanzia il progetto per potenziare Martano, ma non inseriamo tra le voci da finanziare, tutto il necessario, dimentichiamo l’impianto bi-osmosi, che dobbiamo realizzare a desso con risorse aziendali. Secondo spreco. Realizziamo le opere che l’Europa ci finanzia, fuori dai termini previsti, ragion per cui siamo obbligati a restituire alla comunità europea 400 mila euro. Terzo spreco. Come se non bastasse molti lavori realizzati risultano privi dei requisiti previsti dalla normativa antincendio, lavori mal fatti ai quali l’Asl sta ponendo rimedio, con altre spese pagate con risorse aziendali. Quarto spreco.
La domanda sorge spontanea: La direzione dell’Asl ha materiale sufficiente per segnalare la cosa alla corte dei conti e tutelare il denaro pubblico, dei cittadini, da una gestione un pò discutibile?
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