Medici dei pronto soccorso in rivolta: manca personale, ascolto, programmazione

Insufficienza dei posti letto, reparti sguarniti di servizi essenziali, medici precari o insufficienti. E’ il quadro preoccupante che fa il dottor Raffaele Gaudio, della segreteria aziendale della FVM (Federazione Veterinari e Medici)- FISMU (Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti) dell’asl di Lecce, nonchè responsabile nazionale dei pronto soccorso FISMU.

Il medico lancia un allarme, non è il primo a dire la verità, chiedendo un confronto con i vertici dell’asl salentina, scrive al presidnete dell’ordine dei medici della provincia di Lecce Donato De Giorgi e al governatore Michele Emiliano, oltre ai dirigenti dei vari servizi nevralgici dell’asl. Una nota scritta alla luce della seconda ondata del Corona virus e dei prossimi mesi freddi in arrivo e che potrebbero alimentare la forza virale.

Pazienti sulle barelle per giorni in attesa di un letto che non si trova
Gaudio indica i nodi cruciali sui quali lavorare anche per far fronte nel migliore dei modi all’emergenza sanitaria, consentendo al personale sanitario di lavorare serenamente e concentrato. In primis c’è il problema dei posti letto per i ricoveri. La riduzione dei letti – scrive Gaudio – dovuta anche al distanziamento sociale, rende impossibile ai medici del pronto soccorso in particolare del “Vito Fazzi”/Dea, di chiedere ricoveri nei vari reparti ospedalieri che sono saturi. Il risultato é lo stanziamento dei pazienti nello stesso pronto soccorso, per tre, quattro giorni e anche oltre. Persone sulle barelle in attesa di un posto letto, mentre gli infermieri somministrano terapie, personale medico e non garantisce l’assistenza dovuta, con altissimo rischio clinico e medico – legale, oltre ai disagi per i pazienti, quasi tutti anziani. Scene già viste anche nella primavera scorsa.

Stanziare nei pronto soccorso il minor tempo possibile, per evitare il sovraffollamento
Si doveva potenziare la rete ospedaliera – ricorda Gaudio – secondo quanto previsto dal regolamento della regione Puglia che, con delibera del 31 luglio scorso, aveva stabilito tra le altre cose, che il tempo di permanenza di un paziente in attesa di ricovero, doveva essere ridotto al minimo anche per evitare il sovraffollamento.

Non solo, ma l’amministrazione regionale ha definito la rete Covid, stanziando 90 milioni di euro per il potenziamento della rete ospedaliera e della medicina territoriale. Nel Salento però, ci sono ritardi nell’adeguare l’ospedale di Galatina per esempio, che dovrebbe essere punto di riferimento per l’assistenza dei pazienti positivi al Corona virus, insieme al “Fazzi”. Ci sono ritardi nel rendere a norma il Dea che avrebbe tutte le carte in regola per garantire assistenza adeguata con percorsi pulito/sporco, distanziamento sociale, ecc…

Ricoveri impropri in ospedale, perchè mancano le lungodegenze e servizi territoriali
A ciò si aggiungono annose questioni come quella di rispettare il parametro imposto dal decreto ministeriale 70/2015 che prevede 3,7 posti letto per 1000 abitanti, di questi lo 0,7 dedicati alla lungodegenza. A distanza di cinque anni – sottolinea il dottor Gaudio – mancano all’appello almeno 1300 posti letto nella regione Puglia, almeno 150 nel Salento. Così diventa difficile dimettere dai reparti ospedalieri pazienti cronici che, proprio per la loro condizione, dovrebbero essere seguiti nelle lungodegenze che mancano. Nel frattempo chi necessita dell’ospedale, non trova facilmente posto e attende su una barrella del pronto soccorso.

Va detto che in questo momento c’è il rischio di vedere bloccati i ricoveri e le prestazioni ordinarie, che non siano Covid. Il che non farebbe che peggiorare la situazione in un sistema che deve ancora smaltire le prestazioni accumulate nella prima ondata del virus.

Non c’è solo il Covid
Ecco perchè andrebbero potenziati non soltanto quei servizi specifici per il Covid come le malattie infettive e le rianimazioni, ma sarebbe utile attrezzare reparti come la medicina del “Fazzi” per esempio, di una propria subintensiva, per garantire il servizio anche a chi non avendo il virus, non trova posto nelle rianimazioni perchè sature di pazienti positivi.

Si aprono servizi Covid sempre con lo stesso personale
Cosa fondamentale sono gli uomini, la sanità cammina sulle gambe degli uomini e delle donne, quelle stesse persone che tutti abbiamo chiamato eroi, ma che poco dopo forse sono stati dimenticati. Mancano i medici – non sono stati fatti concorsi nella nostra Asl neanche per quelle branche fondamentali in questo momento: malattie infettive per esempio, ma non solo: “medicina e pronto soccorso” sottolinea il dottor Gaudio. Il paradosso è che si aprono reparti Covid, servizi nel Dea, senza aumentare il personale che è sempre lo stesso, costretto a dividersi tra “Fazzi” e Dea.

Assumere i medici precari
Andrebbero secondo Gaudio e non solo, stabilizzati i medici precari, vista anche la normativa vigente, il cosiddetto decreto Madia, che prevede la stabilizzazione di quel personale che al 31 dicembre 2020 risulti dipendente della pubblica amministrazione con almeno tre anni di servizio anche non continuativi, a partire dagli ultimi otto anni precedenti. Ebbene – scrive Gaudio – la quasi totalità dei medici precari dell’asl leccese, concentrati prevalentemente nei pronto soccorso, almeno una cinquantina, sono stati assunti per chiamata diretta, vista l’urgenza di colmare carenze che avrebbero impedito di garantire i livelli essenziali di assistenza. Il criterio della prova selettiva quindi non è stato applicato dall’azienda sanitaria quando doveva assumere. Ora che si chiede di convertire i contratti a tempo, a tempo indeterminato, l’asl – dichiara il segretario sindacale – adduce come criterio la selezione pubblica.

Recenti rumors – scrive ancora il emdico sindacalista – farebbero traslocare medici della medicina interna, verso gli infettivi e la cosiddetta pneumo/med del Dea, riconverita in pneumologia, scoprendo naturalmente il reparto medico di professionsiti. Una coperta troppo corta quella dell’organico, sul quale servirebbe un confronto con i vertici aziendali. Serve capire che tipo di pazienti arrivano nei nostri pronto soccorso e come allocarli. I nostri reparti – continua il dottor Gaudio – sono occupati per un buon 80% da anziani con più malattie croniche in attesa di accoglienza nelle strutture adeguate, che non sono evidentemente i reparti ospedalieri. Per non parlare di pazienti oncologici o ematologici di tutte le età, che giungono in pronto soccorso per gli effetti collaterali delle chemioterapie e che non possono essere gestiti in casa dai parenti disperati. E’ qui che la medicina sul territorio diventa fondamentale, per rispondere a queste persone, lasciando libero l’ospedale ai pazienti acuti. Aumentare sul territorio i servizi sanitari con medici, infermieri, oss, significa evitare ricoveri impropri di persone con malatti croniche che potrebbero essere gestite a casa evitando di correre il rischio in ospedale di cadute, infezioni ospedaliere, sarebbero invece meglio gestite a domicilio da personale dedicato.

I medici chiedono – conclude Gaudio – non solo ricoveri appropriati in ospedale per il bene dei pazienti, ma anche percorsi preferenziali per chi lavora nei nosocomi. Non ci si può sentir rispondere – sottolinea il medico – che non si possono fare gli esami per il degente ricoverato, perchè ci sono le richieste provenienti dall’esterno! Vanno evidentemente attivati, potenziati e snelliti i serivzi all’esterno. Vanno velocizzate le procedure per attivare le ADI che, nelle migliori delle ipotesi, vengono attivate dai reparti ospedalieri in non meno di 7 giorni, stessa cosa per la sistemazione in una RSA o RSSA, lungodegenze, ecc..

Posti letto consultabili in modo veloce e trasparente
Infine c’é bisogno di una mappatura dei posti letto liberi nei vari reparti degli ospedali del Salento e della Puglia, che sia consultabile on line, affinchè nessuno possa negarli, costringendo i medici dei pronto soccorso ad un’enorme perdita di tempo alla ricerca di un posto libero, tempo sottratto al lavoro emergenziale.

Roberta Grima
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