Per la prima volta la rete oncologica pugliese e anche salentina, registra una riduzione dei viaggi verso il nord, per curare i tumori. A sottolinearlo Gianmarco Surico, oncologo e coordinatore operativo regionale della rete oncologica pugliese, sulla quale ieri è stato fatto un primo bilancio a Lecce. “E’ il primo anno – ha sottolineato il medico – in cui abbiamo un decremento della mobilità passiva, 700 persone in meno rispetto all’anno scorso, viaggiano verso gli ospedali del nord, scegliendo di curarsi in loco. Questo – ha continuato Surico – significa che i pazienti stanno scegliendo di curarsi nei nostri ospedali, apprezzando evidentemente il modello di assistenza, diagnosi e cura messo in piedi dalla Regione Puglia.”
Dati della mobilità non ancora completati
I dati però della mobilità non sono ancora ufficiali e completi. “Ad oggi – ci riferisce lo stesso Surico – i numeri relativi al 2019 sui viaggi verso il nord, sono preliminari perché sono ancora in possesso del ministero che li deve elaborare e poi comunicare alla Regione Puglia, di solito tra luglio e settembre.” Dunque dovremmo aspettare ancora per i dati ufficiali e soprattutto completi e poter affermare con certezza che effettivamente la mobilità è ridotta, se invece chi resta é perché non può permettersi di pagare i viaggi fuori Regione ose la gente si dirige al nord solo per determiante prestazioni e non per altre. E’ un quadro che va letto nella sua totalità e complessità. “Tuttavia – ci ha riferito Surico – dai numeri preliminari che ho ufficiosamente da Roma, che non posso dare anche perchè incompleti, sembrerebbe che la mobilità passiva si sia ridotta.”
Una mentalità che porta a curarsi al nord
Un buon segnale che speriamo sia confermato. Alla conferenza di ieri svoltasi nell’open space del comune di Lecce, c’era anche il dottor Gaetano Di Rienzo, primario della chirurgia toracica di Lecce. “La macchina della rete oncologica – ha detto il medico – è appena partita, ci sono ancora delle difficoltà che stiamo cercando di superare, soprattutto di mentalità oltre che organizzative. La mobilità passiva è storicamente alta qui a Lecce – ha detto Di Rienzo – Nella chirurgia toracica di Lecce, facciamo interventi mini-invasivi d’avanguardia da anni, oltre 500, eppure vi sono molti leccesi che continuano a farsi curare fuori regione e non sempre con esiti positivi”.
La gente é ancora convinta che il nord sia meglio del sud. Una convinzione c’è da dire, nata anche da una migliore organizzazione nelle strutture settentrionali, che da noi per anni non si è sempre trovata. E’ questa è la seconda difficoltà che si sta cercando di superare.
Equipe multidisciplinare a macchia di leopardo
Una rete oncologica funziona bene anche quando c’è personale dedicato e sufficiente, servono specialisti, psicologi, amministrativi, un gruppo multidisciplinare come è stato detto più volte in conferenza, che non sempre c’é. A Gallipoli per esempio, vi é solo un amministrativo ad accogliere il paziente oncologico. Una volta che si assenta l’addetto per ferie o malattia, come é successo, l’attività del centro di orientamento oncologico gallipolino, si ferma.
Servono soprattutto chirurghi
Così anche l’attività chirurgica per i tumori non sempre è sufficiente, perchè manca il personale. Il rischio è che i salentini poi vanno fuori per farsi operare. Senza uomini diventa difficile creare i percorsi di cura nei CoRO, ossia nei centri di orientamento oncologici dislocati sul territorio, dove il cittadino entra e trova chi lo accoglie, trova tutti i servizi e gli specialisti necessari in caso di malattia tumorale. Per questo servono psicologi, chirughi, amministrativi, infermieri, persone in numero sufficiente e soprattutto formato.
Tuttavia “in due anni l’obiettivo di far nascere la rete oncologica, è stato raggiunto.” Ha detto la dottoressa Silvana Leo, responsabile del COrO Lecce, nonché primario dell’oncologia medica leccese. “Il modello del CoRO – ha detto la dottoressa – è la strada giusta da percorrere, perché rappresenta un’organizzazione per cui le varie professionalità esistenti si coordinano in un sistema di servizi meglio collegati, non ci deve essere il singolo che lavora individualmente, ma si deve creare una squadra e quindi un gruppo di servizi collegati, in modo che il paziente oncologico possa trovare i vari specialisti in un unico centro, senza andare di specialista in specialista per prenotare singole prestazioni. Il CoRO vuole quindi essere un percorso completo e facilitato per il cittadino. “Il bilancio dell’attività del CoRO – ha detto la Leo – è certamente positivo. Siamo l’unica regione meridionale in cui è attiva la rete oncologica, la terza in Italia dopo Veneto e Piemonte. La carta vincente è non solo lavorare in squadra, ma anche secondo protocolli omogeni su tutto il territorio, secondo i PDTA, percorsi diagnostici terapeutici assitenziali.”
Migliorare la periferia
I protocolli sono stati deliberati dall’ARESS (agenzia regionale per la sanità), per i big killer: tumore del colon, al polmone, tumore della prostata, dell’utero e della mammella. In questo modo tutti i centri di orientamento oncologico della Puglia, agiscono allo stesso modo, secondo linee guida approvate da Bari”. Importante anche il ruolo delle associazioni di volontari, anche per sentire la percezione del nuovo modello organizzativo dal punto di vista dei cittadini. “Certamente c’è tanto altro da fare – ha aggiunto la dottoressa Leo – come migliorare la periferia”, dove di fatto mancano i CoRO che rischiano di rimanere solo su carta, perchè non sono ancora attivi i percorsi di diagnsoi e cura e la gente va ancora in giro di ospedale in ospedale per i singoli esami.
Bilancio positivo anche per il direttore generale dell’asl Lecce Rodolfo Rollo. “I nuovi casi di tumore che registriamo – ha detto il manage – sono stati seguiti per il 70% in loco. Evidentemente – ha detto Rollo – i cittadini cominciano a fidarsi di questa nuova organizzazione. Fondamentale il lavoro di più professionsiti coordianti tra loro, chiamati ad affrontarer tutti insieme ogni singolo caso, anche se è ancora da perfezionare il rapporto tra chi fa la diagnosi e chi fa i trattamenti, a fronte di una medicina che si evolve con nuove terapie come l’immunoterapia e che fortunatamente vede dei riscontri positivi nella lotta ai tumori.
Migliorano le cure con i farmaci innovativi
Passi enormi – ha aggiunto il direttore generale – sono stati compiuti per esempio nel tumore al polmone, perchè sono stati individuati farmaci innovativi, certamente costosi, portando la spesa a 3 milioni di euro in più, ma i tempi di guarigione e la qualità di vita dei pazienti è radicalmente cambiata in meglio.”
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