Nella Bat la robotica entra in tutti gli ospedali

Nella Bat la robotica entra in tutti gli ospedali

La chirurgia robotica entra in tutti gli ospedali, grazie al modello Proctoschip, ovvero quando un collega affianca l’altro, trasmettendo la sua esperienza, fermo restando il livello alla pari tra i due, ma con competenze diverse. E’ l’esperienza che si sta mettendo in campo da un mese e mezzo, nel dipartimento di chirurgia e traumatologia della Bat. A raccontarcela, il dottor Enrico Restini, nominato a agosto, capo del dipartimento chirurgico – traumatologico, colui che ha portato per la prima volta in Puglia, il robot nel 2004 e che adesso sta estendendo la robotica nelle chirurgie dislocate nel territorio tra Andria e Trani.

Operare con il robot anche negli ospedali di primo livello
Non è solo una rete di conoscenze e informazioni che si trasmettono ai colleghi, ma di esperienze condivise in modo trasversale, come quella di Bisceglie, ospedale di primo livello e dove spesso il dottor Restini, dall’ospedale di Andria, si reca ad operare insieme ai chirurghi del posto, usando il robot, proprio per impostare una formazione, laddove ancora non si praticano interventi con la robotica, anche se si tratta di operazioni di primo livello.

Pur mantenendo fede all’impostazione del nuovo piano ospedaliero, per cui Canosa e Trani sono ospedali per day service, quello di Bisceglie è identificato come struttura di primo livello e Andria e Barletta di secondo, il primo con vocazione traumatologica e Barletta a vocazione oncologica, Restini sta diffondendo la robotica e la chirurgia mini invasiva, secondo un progetto aziendale.

“Sto riproponendo nella mia terza vita venticinquennale – ha detto il medico – la mia esperienza nata negli ospedali pubblici, con il primo reparto di chirurgia prostatica nel “San Paolo” di Bari, proseguita nel 2004 nella struttura privata convenzionata, con la robotica, perché il primo robot arrivato in Puglia, é giunto nel centro privato dove ho lavorato, lasciando il pubblico, proprio per impostare un progetto moderno e innovativo.”

Robot flessibile anche per via addominale ed endoorale
“Mi sono riproposto di condividere con altri 27 chirurghi dell’asl, non solo la robotica, ma anche la chirurgia mini invasiva. L’azienda sanitaria, ha un programma di innovazione tecnologica e applicazione di chirurgia mini invasiva. Alla luce di ciò, è stato acquistato nel 2018, il primo robot flessibile in Italia, al “De Miccoli” di Barletta, usato in otorino, ma presto verrà impiegato anche per la chirurgia endorettale. Si tratta di un endoscopio flessibile, che permette al chirurgo di andare a operare sino a 25 centimetri, seguendo le curvature anatomiche, raggiungendo così zone molto difficili da operare e non sempre raggiungibili con le strumentazioni attuali. Tra poco – conclude Restini – il robot sarà impiegato anche per via addominale ed endoorale.”

Si punta alla chirurgia mini invasiva
Ad Andria invece, si sta partendo con robot tradizionale a 4 braccia, come il Da Vinci che serve per molte branche chirurgiche, che potranno fare riferimento al dottor Restini, il quale trasferirà competenze, accelerando così, i tempi formativi per i colleghi. “A Bisceglie abbiamo impostato un programma dell’efficienza gestionale – afferma Restini – per cui 16 posti letto, sono occupati da 16 interventi alla settimana, un sistema che abbatte liste di attesa, ma anche i costi di degenza, perchè sia possibile però, occorre ridurre i giorni di ricovero, quindi impiegare le tecniche mini invasive, che riducono le degenze, al di sotto dei tre giorni.

Integrazione tra le diverse chirurgie
“La quadratura del cerchio – continua il dottor Restini – é migliorare la qualità del servizio, utilizzare al massimo le macchine, che per troppo tempo sono state sotto utilizzate. Limitando l’uso alla sola singola competenza, senza acquisirne altre, significa non sfruttare al meglio la strumentazione e tutte le potenzialità delle apparecchiature disponibili. Ecco perché è importante, la condivisione di esperienze e competenze tra colleghi. Tutti ne traggono beneficio, in tutte le chirurgie si dialoga meglio e si parla la stessa lingua.”

Un modello esportabile
Questo è un modello – dice il chirurgo – che per ora sembra vincente e che potrebbe essere esportabile su tutta la regione Puglia e sulle altre branche mediche. E’ la prima volta che in Puglia, si organizzano dei servizi dipartimentali così forti, non funzionali. Qui da noi i medici non parlano attorno ad un tavolo sul caso da affrontare, dove solitamente non c’è una reale integrazione, ma si resta ognuno sulla propria posizione, manca spesso la possibilità di modificare i protocolli del singolo reparto.

Vera integrazione tra ospedali con i fatti e non a parole
Da noi ci si riunisce invece, intorno alla sala operatoria e operiamo insieme, condividendo procedure e tecniche e io ho titolo per cambiare linguaggio di una o più chirurgie, affinché si parlino. Tutto questo è reso possibile grazie al forte input della direzione dell’Asl, altrimenti sarebbe stato molto difficile, spesso quando un reparto cresce, gli altri soffrono, noi invece con la nostra organizzazione basata sulla condivisione di esperienze e competenze, vogliamo far crescere tutti.

Si poteva fare anche a Lecce, forse.
L’impostazione di questo progetto, nasce qualche anno fa, quando alla guida dell’Asl Bat, c’era Ottavio Narracci che ebbe la lungimirante idea, salvo poi trasferirsi alla guida dell’azienda sanitaria di Lecce, dove evidentemente il manager non è riuscito ad attuare un simile modello, che invece ha portato a compimento nella Bat, l’attuale direttore Delle Donne.

Roberta Grima
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