Eroi precari contro il Coronavirus (che precario non é)

Eroi precari contro il Coronavirus (che precario non é)

Tornerà sul tavolo della task force barese, la questione degli operatori socio sanitari precari del Salento e non solo, dei quali parlerà nel prossimo incontro a Bari, il direttore dell’Asl leccese Rollo. La notizia arriva dopo il sit in dei giorni scorsi, da parte di una rappresentanza dei 208 lavoratori provenienti dai reparti più disparati degli ospedali Covid e non, del Salento. I dipendenti assunti a tempo determinato, hanno protestato sotto la palazzina dell’azienda sanitaria, per chiedere la proroga dei contratti in scadenza il 31 marzo.

Con loro sono scesi in campo i rappresentanti sindacali confederali, tutti concordi nel chiedere all’Asl e quindi alla Regione, di mantenere in servizio gli operatori socio sanitari, portando i loro contratti a tempo a 36 mesi, in modo tale da metterli nelle condizioni di poter ottenere l’eventuale stabilizzazione occupazionale. Si tratta di arruolare definitvamente personale che ha acquisito comeptenze specifiche nell’affrontare il Covid, risorse umane che forse non possiamo permetterci di perdere, puntando invece sulla continuità di servizio.

Il governo pugliese però, ha dato mandato alle Asl di prorogare i contratti precari sino al 31 marzo, per poi mandare a casa i lavoratori come è stato già fatto per i 141 Oss di Brindisi, sostituendoli con lavoratori precari assunti dalla graduatoria degli idonei del concorso di Foggia, ai quali l’Asl leccese sta proponendo rapporti di lavoro di quattro mesi, anche loro quindi precari.

Non si comprende il senso della scelta di mandare a casa personale precario, impedendo di raggiungere il requisito per l’occupazione definitiva, sostitutendolo con altro organico precario. Il senso – dice Cagnazzo – ci sarebbe se le Asl assumessero gli idonei del concorso foggiano a tempo indeterminato, ma così non è. Si sta facendo un grave torto ai dipendenti che hanno accettato di far fronte ad una pandemia ancora in corso, quando nella prima ondata di un anno fa, nessuno avrebbe accettato e i Si alla chiamata dell’azienda sanitaria, si contavano sul palmo di una mano.

La decisione di mandare a casa questi lavoratori, é per loro un pugno allo stomaco, una delusione che provano verso il presidente che a loro dire aveva annunciato la stabilizzazione per tutti e “invece – dice una di loro – io ho rischiato di contagiarmi, di far ammalare i miei figli e poi ?”

Il rischio sottolinea Floriano Polimeno, segretario provinciale della CGIL – é di mettere in ginocchio i reparti Covid, se questa gente verrà mandata a casa

La Regione invece – dicono gli operatori sanitari – ci dà il ben servito.

Roberta Grima
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