Personale controllato, protetto e formato, perchè no anche informato. Sono prerogative per poter mettere nelle migliori condizioni di lavorare medici e infermieri negli ospedali e in particolare il riferimento é all’ospedale di Copertino, che a breve dovrebbe funzionare come struttura POST-COVID per i pazienti affetti dal virus, ma in fase di guarigione.
Un rientro in servizio, come andare al macello
Il problema in queste ore è quale personale collocare nel nosocomio copertinese “San Giuseppe”, una ventina di ospedalieri del reparto di medicina é in quarantena, dopo i casi registrati nel comune, divenuto un piccolo focolaio del Salento. Nel reparto di medicina “San Giuseppe”, sarebbero stati infatti una decina i pazienti ricoverati e risultati positivi al test del COVID-19. Da qui la necessità di mettere in isolamento il personale del reparto che reclama a gran voce l’urgenza di essere sottoposti al tampone. “A giorni – dice un infermiera – finirà il periodo di isolamento – ma fin’ora nessuno ci ha sottoposto al test, perchè ci hanno detto che non ci sarebbero tamponi sufficienti, per cui vengono eseguiti solo in caso di sintomi.” “Abbiamo paura di essere portatori del virus pur senza alcun segnale evidente, perchè il contatto con i pazienti in efetti c’è stato.
Da giorni chiediamo i tamponi, ma senza riscontro, tanto più che dobbiamo tornare al nostro lavoro, ma rischia di diventare un ritorno all’arrembaggio.”
Ritoranre in servizio in ospedale, ma protetti
“Il tampone per il corona virus – dice il presidente dell’ordine dei medici Donato De Giorgi – nonchè responsabile della chirurgia di Copertino e Gallipoli, andrebbe fatto a tutto il personale in servizio all’ospedale “San Giuseppe” compresi gli amministrativi. Vero è che il test ha valore nel momento in cui lo si fa e tutti potrebbero positivizzarsi all’indomani, quindi non avrebbe un senso assoluto, ma serve per l’aspetto psicologico per tranquilizzare tutti coloro che vivono con l’ansia di poter trasmettere l’infezione ai propri familiari. Con il test lavorerebbero più serenamente.
I medici non possono continuare ad ammalarsi
L’altro aspetto utile per cui fare il tampone ai dipendenti di Copertino – secondo De Giorgi – è che i tamponi darebbero un tempo zero dal quale ripartire e individuare gli eventuali casi positivi che molto probabilmente ci sarebbero comunque. Questa informazione – continua il presidente – può essere prezioso elemento per capire il tragitto del virus, avere più armi per arginarlo. “Tampone a tutti gli opertori – quindi – così come tutti – dice De Giorgi – devono essere protetti adeguatamente. Ricordo che nelle malattie infettive di Lecce si sono infettati tre medici e questo vorrà dire qualcosa. Capisco che non è colpa di alcuno, l’insufficienza dei dispostivi di protezione é un problmea nazionale e internazionale, però non possiamo continuare ad ammalarci.”
Servono 10 posti di terapia intensiva
Questa é una priorità, bene ha fatto Filippo Anelli, presidente della federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo), a consegnare a Conte questa urgenza da risolvere. Se non si proteggono gli operatori sanitari, non si va da nessuna parte.
Poi sul da farsi a Copertino, l’idea di Emiliano é come detto la realizzazione di una struttura dedicata ai pazienti in fase di guarigione che però non possono andare a casa. “Se questo è il ruolo – continua De Giorgi – serviranno una decina di posti di terapia intensiva perché i pazienti che saranno a Copertino, proprio perché in fase intermedia della malattia, potrebbero avere un peggioramento, seppure in fase di guarigione, serve considerare l’evenienza.”
Quella che doveva partire come terapia intensiva post operatoria di Copertino, in tempi non sospetti e che adesso “cadrebbe a fagiolo” in questa emergenza, in realtà non è mai partita e ci troviamo meno preparati di quanto potremmo esserlo.
Bisogna fare in fretta e attivare questi posti, così come il percorso sporco – pulito, reperire il personale, perché non c’è più molto tempo. “Un’idea – dice De Giorgi – potrebbero essere i posti dell’unità terapia intensiva cadiologica che sono già operativi.”
La formazione
“Il problema vero é il personale che non vanta un gran numero di infettivologi, pneumologi specialisti che servirebbero maggiormente. Si sarebbe dovuto partire per tempo – dice il presidente dell’ordine – per esempio con la formazione. E’ fondamentale saper fare la diagnosi dell’infezione, sopratutto capire la stadiazione della malattia quanto è più o meno grave, per poi agire di consegeunza. Formazione che deve comprendere anche ciò che può apparentemente smebrare banale, ma che non lo è affato. La stessa vestizione e spogliazione delle divise protettive anticoronavirus é per esempio una procedura che non tutti conoscono, non tutti hanno seguito i corsi su questo. La formazione – é fondamentale – per poter dare una mano agli specialisti in malattie infettive, che non sono tanti. Cardiologi, pneumologi, geriatri, e altri specialisti, devono farsi l’idea che una mano ai colleghi delle malattie infettive e della pneumologia va data.”
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *