Una nota che ha del paradossale, quella che il responsabile della neuropsichiatria infantile di Lecce, per conto dell’asl, manda agli addetti all’integrazione scolastica. Nella lettera, il dirigente ammonisce il personale a svolgere le mansioni corrispondenti al contratto firmato, ovvero quello di ausialiario. Ciò significa che dopo oltre dieci anni di lavoro nelle scuole, accanto ai ragazzi disabili, questi lavoratori non possono più assistere gli studenti con handicap. L’hanno fatto per una vita, ma da gennaio 2019, c’é la comunicazioe ufficiale. Una decisione che non facilita gli alunni invalidi a frequentare la scuola, se non c’è accanto a loro chi li assiste nel mangiare, nel recarsi in bagno, nell’entrare a scuola o a ritornare a casa. Tutti compiti che gli addetti dell’integrazione scolastica dipendenti dell’asl, hanno sempre assicurato, anche se il contratto recitava tutt’altro.
“Cresciamo con questi ragazzi”
“Siamo persone – dice una operatrice – umanamente non possiamo ignorare i bisogni di un bambino e girarci dall’ altra parte, se uno di loro si sporca come faccio a lasciarlo così? Per anni abbiamo imboccato chi non era autonomo, abbiamo lavato chi non aveva il controllo nei bisogni fisiologici. Siamo cresciuti con questi ragazzi, arricchendoci umanamente e professionalmente, ci siamo formati sul campo. Abbiamo imparato a prendeci cura di loro, sforzandoci di capirli. Amiamo questo lavoro, ma non possiamo svolgerlo anche per mancanza di tutela giuridica.”
La cosa più bella – racconta Ornella – è stata quando Francesco é venuto a trovarmi a scuola adulto, con la sua famiglia, ringraziandomi per averlo accudito e assistito quando, da ragazzino, il suo deficit era grave.
La cosa peggiore é stata quando il bambino che ho accudito per un intero anno scolastico, non l’ho più trovato l’anno successivo, perché la sua malattia se l’era portato via. Il nostro lavoro – conclude l’operatrice – è soprattutto questo.”
Dietro il problema contrattuale dei lavoratori, ci sono le storie di queste famiglie, la vita di questi bambini.
“Ho assistito Francesca per 14 lunghi anni – ricorda un’altra OSS, oggi in una scuola media – l’ho conosciuta quando era appena un bimba e l’ho lasciata donna. Per me é una figlia, persino sua madre mi chiede consigli perché nessuno conosce così profondamente Francesca, come la conosco io. Mi sento un po’ una seconda mamma.”
“Sono come figli”
“E’ successo anche a me – dice Rosaria con gli occhi lucidi – era una bambina tetraplegica e mi sono presa cura di lei, l’ho persino accompagnata nel suo primo rapporto sessuale, preparandola. Nessuno pensa a questi ragazzi, all’età critica dell’adolescenza, alle loro necessità, i 100 problemi che incontrano, nessuno riflette che non vanno semplicemente assistiti,ma amati.”
“Dopo trent’ anni di questo prezioso lavoro, che crea legami profondi, l’asl – aggiunge Mario – ci scrive che non possiamo e non dobbiamo occuparci dei nostri ragazzi, chi lo spiega a loro che, pur vedendoci a scuola, non capiscono come mai da un giorno all’altro, non siamo più accanto? Chi lo spiega ai genitori che contando su di noi, lavorano sereni, sapendo che c’è qualcuno che si prende cura dei loro figli, che possono andare a scuola, in gita o alla mensa, insieme ai compagni. Questo significa integrazione scolastica. Diversamente come può il bambino voler andare a scuola?”
“Oggi se un ragazzo si sporca per esempio, la scuola chiama la mamma o il papà perché venga a cambiarlo, mentre noi lì presenti guardiamo impotenti. Un’assurdità – sottolinea Rosaria – perché molti di noi hanno i requisiti per svolgere le mansioni di assistenza alla persona, siamo degli OSS, abbiamo conseguito il titolo, spendendo tempo e denaro, superando il corso di formazione bandito dalla regione Puglia nel 2015. Abbiamo esperienza decennale sul campo, ma l’asl non ci riconosce tutto questo, per un errore iniziale, che ha fatto si che venissimo contrattualizzati come addetti alle pulizie.”
Un errore sulla pelle dei bambini disabili
“Un errore che adesso non sembra si voglia correggere – dicono i lavoratori che hanno manifestato nei giorni scorsi, davanti alla prefettura. Accanto a loro l’associazione degli operatori specializzati AEEOS, con il presidente Lucio d’Arpe.
“Si preferisce lasciare il compito ai comuni che, quando c’è la possibilità, pagano per un paio di ore degli OSS, dipendenti di cooperative private, alcuni anche con minor esperienza dei colleghi dell’asl. Sono stati fatti tavoli in asl, alla Regione, con i rappresentanti sindacali, ma non si esce da questo impasse.” Dicono i lavoratori.
Una lotta tra lavoratori
“Probabilmente – riferisce Dario Cagnazzo della UIL -fpl – il timore dell’asl, é che regolarizzando il contratto a questo personale, si creerebbe un precedente per i tanti ausiliari che lavorano in ospedale e che chiedono di passare ad OSS, visto che si trovano a dover fronteggiare la carenza di queste figure, con mansioni che non spetterebbero loro.
Il sindacato
La situazione però – dice Dario Cagnazzo – è differente. Perché il personale dell’integrazione scolastica è stato formato come OSS, hanno il titolo, alcuni erano già in categoria B, poi nell’accorpamento dell’usl Lecce 1 con l’usl Lecce 2, si è commesso l’errore omologando l’organico a categoria A, ovvero di ausiliario.
Gli ausiliari ospedalieri invece,sono stati assunti come tali, dopodicché ora che le mansioni sono di OSS, dovrebbero superare una selezione interna, prima di essere contrattualizzati nella categoria superiore.
L’associazione
L’associazione AEEOS ha scritto anche al comitato consultivo misto,per sollecitare l’asl e avere una spiegazione per cui questa vertenza è in piedi da anni. Il presidente D’Arpe ha chiesto un’assembla plenaria urgente, con all’ordine del giorno, detta controversia dell’integrazione scolastica.
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *