Con un polmone, tracheostomizzato, non ha infermiere e fisisoterapia respiratoria

Con un polmone, tracheostomizzato, non ha infermiere e fisisoterapia respiratoria

Si può addestrare una donna di ottant’anni, per la pulizia della tracheostomia e risparmiare così sull’assistenza infermieristica domiciliare? Per l’Asl di Brindisi si. Dal mese prossimo infatti, la direzione del distretto di Mesagne, sospenderà la prestazione dell’infermiere a beneficio di una delle tante persone, che hanno diritto all’assistenza domiciliare, da parte del sistema sanitario pugliese. Questo almeno hanno saputo i familiari dell’ammalato, tramite l’infermiere che presta servizio e che da dicembre non sarà più presente, se non una volta ogni 15 giorni per un paio di ore. La notizia quindi non è stata ancora comunicata ufficialmente dall’Asl, alla famiglia, sta di fatto che l’uomo, un ex operaio di 70 anni, si trova da oramai 15 anni in un letto, a causa di un’ischemia celebrale emorragica che lo ha paralizzato, rendendolo del tutto non autosufficiente, persino nell’attività respiratoria, per questo ha bisogno di una serie di servizi socio – sanitari, che negli anni si stanno sempre più riducendo, con loro anche le possibilità di una sopravvivenza dignitosa.

L’uomo respira grazie alle macchine, purtroppo ha un solo polmone, la sua malattia progredisce sempre più e lo ha costretto a subire una tracheostomia. Si tratta di un’apertura chirurgica sulla trachea, che si esegue in questi casi, per consentire di respirare. Nel foro poi, viene inserito un tubicino, la cannula, per mantenere aperto il taglio, permettendo la normale respirazione. Naturalmente, lo stretto contatto tra la trachea e l’ambiente esterno, pone ad alto rischio di infezioni polmonari, che in una persona già gravemente immunodepressa, significa rischiare la vita. Ecco perché, è importante che l’area intorno e la stessa tracheostomia, siano sempre mantenute perfettamente pulite, anche per eliminare le secrezioni che si formano e che possono ostruire l’apertura, impedendo all’uomo di respirare. La procedura di pulizia quindi, deve essere eseguita con la massima igiene e sterilità, “pensare che questo possa farlo una donna di ottant’anni, che non ha certamente alcuna espereinza e manualità, è assurdo” – dice il genero della coppia.

Non solo, ma ad una persona che si trova in simili condizioni, ridurre l’infermiere da un’assistenza quotidiana, proprio per garantire giornalmente la pulizia e la medicalizzazione, ad un intervento ogni 15 giorni, é come dare il colpo di grazia, dopo aver già sottratto il servizio di fisioterapia respiratoria, un’attività che aiutava l’uomo a tenere pulito il polmone dalle secrezioni che si formano, una fisioterapia che sino a quest’estate veniva garantita per ridurre il catarro che, soprattutto nel periodi invernali é facile che si formi e che permanga dentro i bronchi, portando la persona a continui ricoveri per broncopolmoniti. Il servizio fisioterapico non c’é più, la persona va incontro a continue broncopolmoniti, con frequenti ricoveri in ospedale, alla faccia di quella che i nostri amministratori chiamano medicina del territorio, quella tanto decantata assistenza territoriale che serve proprio ad evitare i ricoveri e svuotare gli ospedali da utenti che possono essere seguiti ambulatorialmente o a casa.

“Ora come se non bastasse, dopo il fisioterapista, viene meno anche l’infermiere, vengono meno servizi fondamentali per la persona – dice il genero dell’uomo allettato – come la medicazione e la pulizia quotidiana della tracheostomia, che richiede necessariamente un infermiere, perché va fatta con sterilità, occorre esperienza, va lavata e disinfettata la controcannula, perché se viene un’infezione, mio suocero non ha via di scampo, non si può insegnare la pulizia della tracheostomia ad un familare, si può formare il parente per aspirare le secrezioni e quello già lo facciamo, ma non si può andare oltre. Se durante la manovra di pulizia o medicazione, c’é un imprevisto, il che è facile che avvenga durante queste manovre, si sposta la cannula o fuoriesce, mi chiedo come potrà intervenire mia suocera? Invece non solo è stata tolta la fisioterapia respiratoria, che sin’ora è stata data come fosse un favore, adesso anche l’infermiere, e l’Asl non ha neanche il coraggio di comunicarcelo, se non tramite il personale stesso.”

“Qui non si chiede qualcosa di extra, come potrebbe essere la fisioterpaia motoria – aggiunge il genero – che potrebbe alleviare le condizioni di queste persone allettate, prevenendo le piaghe da decubito, per carità non si chiedono questi servizi che sono un “lusso”, ma si chiede almeno l’essenziale, non come un favore, ma come diritto alla salute e soprattutto il diritto alla dignità della persona.

Ammalarsi è diventato nel brindisino un vero calvario, anche per le persone in condizioni gravissime che dovrebbero essere risparmiate almeno dalla beghe burocratiche. Si perché in tutto questo, c’é anche l’interruzione dei pochi servizi che ancora restano, quando mensilmente l’Asl fa le verifiche dello stato di salute della persona, per cui capita, come già accaduto, che si interrompa l’assistenza fisioterapica o infermieristica, salvo poi vedere l’altra faccia della medaglia, quella di operatori che nonostante tutto, continuano volontariamente ad assicurare l’assistenza proprio perché si rendono conto dell’enorme necessità. Un ammalato tracheostomizzato non può aspettare le carte della burocrazia.

L’asl brindisina invece, costringe mia suocera a occuparsi non solo della tracheostomia, ma anche della pulizia e medicazione della colostomia. Mio suocero ha subito infatti, un intervento chirurgico all’ano -dice il genero – che lo ha costretto ad avere l’intestino che fuoriesce per consentire l’evacuazione tramite un’apertura, collegata ad una sacca. Il taglio chirurgico va medicalizzato e pulito ogni mattina, la sacca cambiata, tutto con la massima igiene e tutto ciò dovrebbe farlo mia suocera di ottant’anni, che non ha alcuna esperienza.
L’alternativa – conclude il genero – è pagare di tasca nostra un infermiere che venga giornalmente, per prendersi cura di mio suocero.

Lui – continua il genero – era un uomo in gamba, un lavoratore che non si è mai tirato indietro, ha girato l’Italia lavorando sulle autostrade, poi è stato un lungo periodo in Germania, tutto lavoro e famiglia, per dare una vita dignitosa a lui, alla moglie, a sua figlia, poi 15 anni fa una crisi ipertensiva, ha scatenato un ictus emorragico che lo ha inchiodato su un letto, quello che fa più male non è la malattia, ma è vedere come un uomo, un lavoratore onesto che ha servito lo Stato, possa essere messo così in un angolo dalle istituzioni sanitarie, come fosse uno scarto, non si può tagliare e risparmiare sulla vita e la salute delle persone, se poi si pensa che lui è perfettamente lucido con la mente, questo fa ancora più male.
La storiella che sentiamo ogni volta de: il malato al centro di tutto, è una presa per i fondelli.” conclude il genero

Roberta Grima
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