Contro il Covid, lasciando il posto fisso. Ora è a casa

Contro il Covid, lasciando il posto fisso. Ora è a casa

Ha rifiutato un contratto a tempo indeterminato per uno precario, per dire si alla chiamata dell’azienda sanitaria e far fronte alla pandemia.

Mimmo, un omone che solo a vederlo mette sicurezza, aveva dal 2001 un lavoro stabile in una cooperativa che forniva assistenza domiciliare per conto dell’Asl leccese. Ha lasciato quel posto per entrare nel reparto di malattie infettive del “Fazzi” in piena emergenza, ad aprile del 2020, proprio nel clou della prima ondata Covid. Ha superato anche la seconda, vedendo colleghi ammalarsi, prendendosi cura di tanti pazienti con fame d’aria, rinchiudendo in sacchi neri corpi di chi non ce l’ha fatta. Ha vissuto in prima linea tutto il dramma che ha portato il Corona virus, con qualche gioia per chi ne era ormai fuori.

Mimmo ne ha viste tante con i colleghi che lavorano con lui, i medici e gli infermieri dello stesso reparto e ora che è in ferie obbligate, freme di ritornare a dare il suo contributo.

Un mese ancora di lavoro e poi gli scadrà il contratto, allora “sarò nei guai” dice. “Mi dovrò cercare qualcos’altro”. Mimmo ha fatto di tutto: dal metalmeccanico, all’assicuratore, poi ha studiato e nel 2010 si è qualificato come operatore socio sanitario. Ha firmato il contratto con una cooperativa, per fare assistenza ad anziani e ammalati. Un’occupazione a tempo indeterminato, ma pur sempre part – time, per questo Mimmo ha deciso di partecipare nel 2017, all’avviso pubblico che l’Asl salentina aveva bandito per titoli, fino a quando nell’aprile scorso, l’azienda sanitaria leccese, dopo tanti rifiuti da parte di operatori di quella stessa graduatoria, sente uno dei pochi si alla chiamata: era quello di Mimmo.

“Sapevo che avrei dovuto far fronte ad un’emergenza, sapevo che ero stato chiamato perchè c’era davvero bisogno di aiuto, è stata un pò come una missione e poi mi sono detto che, quella chiamata forse, poteva essere l’occasione per essere ripagato dopo, dall’ente, con un’eventuale stabilizzazione. Sarebbe stato come chiudere un cerchio alla soglia dei sessant’anni, ora che sta per arrivare un nipote e potrei sostenere mia figlia in cinta di cinque mesi, con una maggiore tranquillità economica.”

Purtroppo oltre il danno, Mimmo rischia di avere anche la beffa e perdere quell’occasione, perché il governo regionale potrebbe decidere di non prorogare i contratti a tempo, una volta scaduti. Come lui sono oltre 200 gli operatori socio sanitari precari che hanno lavorato in prima linea, quando in tanti rifiutavano e che ora rischiano di andare a casa, senza poter maturare altri mesi di servizio, per arrivare alla stabilizzazione.

La questione è stata sottoposta all’Asl, alla Regione e ieri mattina anche alla vice prefetta Beatrice Mariano, che si é impegnata davanti ai segretari sindacali, di convocare e sollecitare la direzione dell’azienda sanitaria e il presidente Emiliano, a mantenere questo personale in servizio, vista la terza ondata in corso. In gioco non ci sono solo più di 200 famiglie, ma anche i servizi ospedalieri ai pazienti, la cura e l’igiene verso gli ammalati, il supporto psicologico a chi combatte da solo il Covid, tutte mansioni che svolgono gli operatori socio sanitari (Oss), restituendo un pò di dignità che la malattia invece cerca di strappare.

“C’è da dire che il direttore generale dell’Asl leccese Rodolfo Rollo, é propenso a mantenere i dipendenti Oss precari, prorogando i loro contratti, molti in scadenza al 31 marzo – afferma Dario Cagnazzo della UIL – Il direttore ha sottolineato che in questo momento di emergenza, mandare via questa gente, significherebbe perdere dei servizi e chiuderli.” Lo stesso Emiliano – ci fa sapere Cagnazzo – avrebbe tranquillizzato i dipendenti in scadenza. Così come il direttore del dipartimento regionale, Vito Montanaro, che ha ammesso la possibilità di proroga dei contratti per il personale in servizio sino alla fine della pandemia Covid, con fondi appositi per l’emergenza. Proroga che, ha sottolienato Montanaro – non è un obbligo per le Asl che invece sono tenute, secondo il manager, ad assegnare i posti Oss del fabbisogno, attingendo dall’elenco idonei del concorso di Foggia, gente di ruolo, che quindi non può sostituire i precari avendo contratti a tempo.

“Chiediamo con urgenza – scrivono in un comunicato congiunto Franco Perrone, segretario regionale della Fsi -Usae ed Enzo Cortese della Usb – la proroga dei contratti a tempo, al 31 gennaio 2022, tenendo conto che parte degli oltre 200 Oss precari, raggiungerà entro al fine di quest’anno, i tre anni di servizio, requisito essenziale per la stabilizzazione. La richeista è stata inviata all’Asl, ma ancora senza risposta”

“Aspettiamo il nuovo incontro – dice Antonio Piccinno, esponente sindacale della CISL – la viceprefetta Beatrice Mariano ci ha invitato a scrivere alla direzione dell’Asl per un ulteriore confronto urgente, cosa che abbiamo già fatto, prima di annunciare un altro sciopero. Nel frattempo lei si è impegnata a scrivere una nota anche alla Regione oltre che all’azienda sanitaria. Noi della Cisl -dichiara Piccinno – abbiamo fatto notare tra l’altro che mandare a casa queste persone che oggi sono impiegate per lo più nella pandemia, significa sguarnire l’Asl dei servizi che molto probabilmente rimarranno anche dopo l’emergenza. L’Asl salentina ha incrementato i reparti come le terapie intensive, aggiunto letti, acquistato apparecchaiture, tutto ciò é giusto che resti in funzione anche dopo l’emergenza, non potrà essere tutto dismesso, pertanto – continua lìesponente Cisl – ci sarà comunque bisogno di personale, tanto vale prorogare quello attualmente in servizio non solo già vaccinato, ma soprattutto già formato.”

Roberta Grima
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