Fino a quando ci saranno bambini come Marco (nome di fantasia), impossibilitati a parlare, camminare e nutrirsi, a causa di un brutta malattia genetica rara, che non sono beneficiari dell’assegno di cura, pur avendone il diritto, sarebbe quantomeno opportuno che i nostri amministratori, smettano di vantare passi importanti per chi soffre, di raccontarci di una Puglia virtuosa. Che senso ha vantarsi per i risultati di bilancio della Regione Puglia, definiti dall’agenzia di rating Moody’s, straordinari, se poi non ci sono i soldi, come dicono da Bari, per i più fragili. Ci sarebbe da chiedersi che civiltà sia mai questa
Marco tra dieci giorni compie 8 anni, é affetto da polimicrogiria. “Certo a sentire questo termine – dice papà Vittorio – potrebbe sembrare la cantilena di una filastrocca per bambini: gira gira la POLIMICROGIRIA” (e magari lo fosse). In realtà trattasi di una malattia genetica rara, che sostanzialmente indica che, durante la vita intrauterina, a metà del percorso del suo sviluppo anatomico e neurologico, per cause ancora ignote alla scienza, si è arrestata la migrazione neuronale verso la corteccia cerebrale, che risulta quindi poco espansa e più raggrinzita. Il numero dei neuroni quindi é sotto la norma, per spiegare il tutto in termini più semplici, Marco è come se fosse una MERCEDES con le centraline elettriche di una piccola utilitaria. Di conseguenza alcune capacità neurologiche risultano limitate. Dopo tanti anni abbiamo raggiunto un equilibrio, comunichiamo con gli sguardi, ma io e mia moglie – dice papà Vittorio – non sappiamo sino a che punto nostro figlio, comprende quello che gli diciamo.”
Malato grave dalla nascita
Tutto comincia quando Marco aveva sei mesi di vita. “Io e mia moglie – ricorda papà Vittorio – abbiamo iniziato a notare una certa difficoltà nel muovere gli arti superiori, che sembravano fossero oltremodo rigidi ( ma chi avrebbe potuto mai immaginare), a circa un anno d vita, quando avrebbe dovuto iniziare a fare i primi passi e i primi movimenti propedeutici alla deambulazione, abbiamo notato una incapacità motoria e soprattutto una incapacità nel sostenersi col tronco da seduto (effetto torre di Pisa). Comparvero poi le crisi epilettiche e gli eventi iniziarono ad accelerare in un modo tale da stravolgere la vita mia e di mia moglie.
Ricoverato al “Bambino Gesù” di Roma ( dove risiedevamo per la mia sede d servizio), a seguito di una risonanza magnetica, la diagnosi fu prontamente eseguita, Marco era affetto da POLIMICROGIRIA.”
Ogni giorno una scommessa con la morte
Da lì tutto è cambiato. “Purtroppo – dice papà Vittorio – avendo un lavoro e una preparazione in ambito sanitario, ho subito capito come si sarebbero sviluppati gli eventi a seguire e benché sapessi, ho lasciato che mia moglie accettasse gradatamente tutte le difficoltà che Marco avrebbe incontrato e che avevo già capito da subito.
Marco difatti non cammina e non parla, non avendo sufficienti neuroni che possano aiutarlo a svolgere queste funzioni, inoltre presenta tutta una serie di altre problematiche di natura muscolo – scheletrica, infatti non ha mai avuto una deglutizione corretta e per anni la sua alimentazione, è stata quotidianamente una scommessa con la morte, perché una parte del suo cibo la inalava nelle vie respiratorie.
Si nutre artificialmente, eppure …
Questo purtroppo – aggiunge Vittorio – ci ha costretti poco più di 6 mesi fa, ad accettare per Marco una soluzione drastica e definitiva e che diverse equipe mediche ci avevano suggerito nel corso degli anni, ovvero l’intervento di gastrostomia, eseguito a marzo scorso, per cui ora nostro figlio si alimenta attraverso un tubicino, che facendo by-passare le vie aeree, rende più sicura l’alimentazione.
Certo ora è collegato ad una nutripompa durante le 12 ore notturne…. Ma cosa possiamo fare?
Nulla…. È la vita!”
Serve tanta psicomotricità per conservare i neuroni
Ecco basterebbe questo a riconoscere al piccolo Marco, tutto il sostegno possibile per garantire una qualità delle vita migliore, restituendogli quella dignità che gli è stata strappata. L’erogazione dell’assegno di cura da parte della regione Puglia, circa 1000 euro, sarebbe un sostegno economico per i genitori di Marco, che utilizzerebbero la somma per sottoporre il figlio all’unico trattamento possibile che gli resta: tanta psicomotricità, il che eviterebbe un peggioramento, ovvero consentirebbe di potenziare e conservare quelle abilità e capacità che ad oggi Marco ancora possiede.
L’Asl prescrive il trattamento, ma poi non lo offre
Invece il paradosso é che lo specialista fa la diagnosi, indica il trattamento da seguire, ma poi quello che viene segnato, non é offerto dalla Regione, se non in appena un’ora e mezza alla settimana. Così mamma e papà, devono integrare la fisioterapia con altre sedute private e dopo aver portato Marco da Modugno, a Noicattaro, 25 chilometri più a sud, presso l’ambulatorio di riabilitazione Asl, chiamano un fisioterapista che a suon di 40 euro a seduta, si reca a casa del piccolo per il trattamento che l’azienda sanitaria, può garantire solo in maniera ridotta. Marco infatti dovrebbe fare il più possibile psicomotricità, per tenersi stretti quei neuroni che ha e quelle cognizioni conquistate.
Per la Regione non basta avere la peg per reclamare un supporto economico
Il paradosso è che la situazione di Marco non basta all’Asl e alla Regione, per riconoscergli l’assegno di cura, che è destinato proprio a quelle persone con gravissime disabilità da non essere affatto autosufficienti. Non basta neanche l’intervento al quale è stato sottoposto a marzo, che gli ha impiantato una peg. Un’operazione di gastrostomia, con l’incisione dello stomaco e l’inserimento di un tubicino per indurre il piccolo all’alimentazione artificiale. Cos’altro serve perché l’Asl e la Regione diano alla famiglia quei 1000 euro per dare a Marco tutto il necessario a renderlo partecipe alla vita ludica e terapeutica…. Non avendo i genitori molto altro da potergli fornire, se non la gioia di poter fare ciò che ogni bambino sogna alla sua età?
Quando la burocrazia vede numeri e non persone.
La vita del bambino è sostanzialmente appesa a 25 punti persi, con la colpa di avere un padre infermiere e per questo capace di assisterlo senza la necessità di chiedere l’assistenza domiciliare. La Regione per questo ha declassato Marco che non avendo l’assistenza a casa, di fatto risulterebbe in condizioni non così gravi da chiedere il sostegno economico. Chi immaginava che per fare bene, ho fatto peggio! esclma papà Vittorio. La politica invece di apprezzare che io abbia rifiutato l’assistenza domiciliare pur potendolo chiedere, visto che sono un infermiere professionale, mi punisce. Se non avessi detto nulla, mi prendevo un collega e l’assegno!
Papà Vittorio ha scritto alla direttrice del distretto di Modugno, Lucia Laddaga, per chiedere che venga valutato nuovamente lo stato di suo figlio, alla luce del peggioramento che c’é stato, dell’intervento subito, senza leggere solo carte, ma guardandosi sopratutto negli occhi, perchè dietro le scartoffie ci sono sono vite, come quella del piccolo grande Marco.
Abbiamo più volte contattato il numero 080 5843107 della direttrice Laddaga, che si trova sul sito https://www.sanita.puglia.it/web/asl-bari/distretti-socio-sanitari_det/-/journal_content/56/25619/dss-n-09-modugno-bitetto-bitritto, ma non abbiamo nessuno ci ha risposto.
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